L'obbligo di procedere al ripristino ambientale spetta solo al responsabile dell'inquinamento. Una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d'emergenza o definitiva, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti dalla Pubblica Amministrazione solamente ai soggetti responsabili dell'inquinamento, non essendo configurabile una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell'immobile in ragione di tale sola qualità.
T.A.R. Lazio, Roma Sez. stralcio, Sent., (ud. 24 aprile 2020) 2 maggio 2020, n. 4549
Art. 242, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (G.U. 14 aprile 2006, n. 88, S.O. n. 96)
T.A.R. Lazio Roma Sez. stralcio, Sent., (ud. 24/04/2020) 02-05-2020, n. 4549
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
Ricorso giurisdizionale
Fatto - Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3873 del 2011, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Leonardo Frattesi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Udine, 6;
contro
Ministero della Difesa, Ministero degli Affari Esteri, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ambasciata di Santo Domingo, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. (...) in data 7 febbraio 2011, con il quale l'Ambasciata di Santo Domingo, Repubblica Domenicana, ha rifiutato il visto richiesto per l'accesso nel territorio della Repubblica Italiana per motivi di turismo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Ministero degli Affari Esteri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 24 aprile 2020 la dott.ssa Claudia Lattanzi, svoltasi, ai sensi dell'art. 84 comma 5, del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, attraverso il collegamento da remoto;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
La ricorrente, cittadina della Repubblica Dominicana, ha impugnato il provvedimento del 7 febbraio 2011, con il quale l'Ambasciata d'Italia presso Santo Domingo, Repubblica Domenicana, ha rifiutato il visto richiesto per l'accesso nel territorio della Repubblica Italiana per motivi di turismo, in quanto la ricorrente "non ha fornito una giustificazione riguardo allo scopo ed alle condizioni del soggiorno previsto; la sua intenzione di lasciare il territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto non può essere stabilita con certezza".
La ricorrente ha dedotto i seguenti motivi: 1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 10 ,11 e 15 del Trattato di Schengen del 14.6.1985 ratificato in Italia con la L. n. 388 del 1993, dell'art. 4 del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, dell'art. 5 del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, del punto 20 dell'Allegato A al D.P.R. 12 luglio 2000, nonché degli artt. 2, 3 e dell'Alt. 1 della Direttiva del Ministero dell'Interno 17.3.2000, n. 64. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, falso presupposto, illogicità, irragionevolezza.
Sostiene la ricorrente: che nella domanda ha chiaramente esplicitato che il motivo del viaggio è turistico; che nella dichiarazione d'invito è stato specificato il motivo "di attendere alle sfilate della moda in Milano"; che la finalità turistica del soggiorno emerge anche dalla esiguità temporale del periodo dichiarato di permanenza in Italia (e cioè dal 21 febbraio 2011 al 13 marzo 2011) attestato dalla prenotazione del volo aereo di andata e ritorno operata per tali date; che nella lettera d'invito è stata specificata l'intenzione di un amico di fornirle l'alloggio nella propria abitazione; che ha dimostrato di avere mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata prevista del soggiorno, sia per il ritorno nel paese di provenienza.
L'Amministrazione ha depositato una nota dell'Ambasciata d'Italia a Santo Domingo, con la quale sono state specificate le ragioni che hanno indotto al diniego del rilascio del visto.
Alla pubblica udienza del 24 aprile 2020 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è infondato.
La materia del rilascio dei "visti Schengen uniformi" (ovvero di corto soggiorno con efficacia non superiore ai 90 giorni) risulta disciplinata dal Reg. CE n. 810/2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (c.d. codice dei visti), in virtù del quale sono le rappresentanze diplomatico-consolari, competenti all'esame delle domande, a dover verificare le condizioni d'ingresso e, quindi, "la giustificazione presentata dal richiedente riguardo allo scopo e alle condizioni del soggiorno previsto e che questi disponga dei mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata del soggiorno previsto sia per il ritorno nel paese di origine o di residenza oppure per il transito verso un paese terzo nel quale la sua ammissione è garantita, ovvero che sia in grado di ottenere legalmente detti mezzi" (art. 21, comma 3, lett. b).
In particolare, l'esame di una domanda si fonda "sull'autenticità e l'affidabilità dei documenti presentati e sulla veridicità e l'affidabilità delle dichiarazioni fatte dal richiedente" (art. 21, comma 7).
Ai sensi dell'art. 32 ("Rifiuto di un visto"), il visto deve essere rifiutato quando il richiedente "non fornisce la giustificazione riguardo allo scopo e alle condizioni del soggiorno previsto", ovvero quando "non dimostra di disporre di mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata prevista del soggiorno sia per il ritorno nel paese di origine o di residenza oppure per il transito verso un paese terzo nel quale la sua ammissione è garantita, ovvero non è in grado di ottenere legalmente detti mezzi", ovvero "qualora vi siano ragionevoli dubbi sull'autenticità dei documenti giustificativi presentati dal richiedente o sulla veridicità del loro contenuto, sull'affidabilità delle dichiarazioni fatte dal richiedente o sulla sua intenzione di lasciare il territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto richiesto".
Parallelamente, e in maniera conforme, l'art. 4 D.M. n. 850 dell'11 maggio 2011 stabilisce che "1. Secondo quanto previsto dal Reg. (CE) n. 810/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti, nell'esame delle richieste di visto di breve durata è richiesto alle rappresentanze diplomatico-consolari di prestare particolare attenzione alla valutazione se il richiedente presenti un rischio di immigrazione illegale ed offra adeguate garanzie sull'uscita dal territorio degli Stati membri alla scadenza del visto richiesto. 2. Ai fini di tale valutazione, di esclusiva competenza della rappresentanza diplomatica o consolare, può essere richiesta l'esibizione di apposita documentazione, relativa anche allo scopo del viaggio ed alla condizione socio-economica del richiedente. Fondamentale rilevanza riveste altresì il colloquio con il richiedente il visto. 3. L'analisi di tali elementi viene effettuata anche per i visti di lunga durata, limitatamente allo studio. 4. In caso di negativo riscontro sull'autenticità e sull'affidabilità della documentazione presentata, nonché sulla veridicità e sull'attendibilità delle dichiarazioni rese, la rappresentanza diplomatico-consolare si asterrà dal rilascio del visto".
Posti questi principi, è da rilevare che l'Amministrazione ha correttamente esaminato e valutato la documentazione fornita dall'istante, dandone adeguata motivazione, non ravvisandosi nell'operato amministrativo profili di illogicità, incongruità o irragionevolezza, nell'attività di individuazione del c.d. rischio migratorio.
In particolare, dalla nota dell'Ambasciata d'Italia a Santo Domingo non contestata dalla ricorrente - che non assume in questo giudizio valenza di non consentita motivazione postuma ma di documento istruttorio ai fini della delibazione della legittimità dell'atto impugnato (cfr. Cons. St, sez. sez. II, 05 agosto 2019, n.5531) - si evince: che la prenotazione aerea si riferiva a un viaggio dalla Repubblica Dominicana alla Germania, senza alcuna indicazione di come sarebbe poi arrivata in Italia; che l'indicazione della sede in cui la ricorrente sarebbe stata ospitata non forniva alcuna specificazione dell'indirizzo; che nonostante in relazione all'invito alla partecipazione alla sfilata non è stato presentato alcun itinerario di viaggio e soggiorno; che è stata presentata una lettera di lavoro della ricorrente presso un consorzio di ricevitorie nella quale non è specificato il periodo di lavoro dell'interessata, solamente viene indicato che lavora da diversi anni, senza indicare le date di cessazione per usufruire delle ferie.
In sostanza, secondo l'Ambasciata competente, è risultata inidonea - al fine di scongiurare la presenza del rischio migratorio - la documentazione prodotta dall'istante.
Del resto, dal dettato normativo e, più nel dettaglio, già solo dall'utilizzo della locuzione "rischio di immigrazione illegale", emerge la volontà di far rientrare la valutazione della sussistenza di tale elemento impeditivo in una sfera di ampia discrezionalità amministrativa e, per converso, di far ricadere sul richiedente un particolare onere probatorio in ordine alla dimostrazione degli elementi contrari (Cons. St. sez. IV, 7 febbraio 2019, n.911).
In conclusione, deve ritenersi, così come sostenuto dall'Amministrazione, che la ricorrente non ha prodotto idonea documentazione atta a comprovare lo scopo e le condizioni del soggiorno, non essendo chiaro lo scopo e le condizioni del soggiorno e la sua intenzione di lasciare il territorio degli stati membri prima della scadenza (rischio migratorio).
Il ricorso deve essere quindi respinto con compensazione delle spese stante la particolarità della materia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2020 con l'intervento dei magistrati:
Achille Sinatra, Presidente
Claudia Lattanzi, Consigliere, Estensore
Arturo Levato, Referendario
14-06-2020 04:23
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