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Sentenza

Il presupposto per l'adozione dell'ingiunzione di demolizione di opere edilizie ...
Il presupposto per l'adozione dell'ingiunzione di demolizione di opere edilizie abusive, consiste nella constatata esecuzione dell'opera in assenza del preventivo titolo abilitativo, o nulla osta della competente autorità. Nell'ipotesi di aree assoggettate a vincolo paesaggistico, l'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso ed al ripristino dello stato dei luoghi è in re ipsa, con conseguente obbligatorietà dell'ingiunzione di demolizione. Sicché, non potendo avere un contenuto diverso da quello adottato, tale provvedimento sfugge alle garanzie partecipative dei destinatari - la cui posizione soggettiva può essere qualificata in termini di interesse partecipativo - ex art. 7 L. n. 241 del 1990.
Cons. giust. amm. Sicilia, Sent., (ud. 17/10/2018) 02-05-2019, n. 364


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 876 del 2003, proposto da:

T.G. nella qualità di erede di A.A., rappresentata e difesa dall'avvocato Girolamo Rubino, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Oberdan, n. 5;

A.G., A.P.A., A.V.G., tutti nella qualità di eredi di A.A., rappresentati e difesi dall'avvocato Girolamo Rubino, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via G. Oberdan, 5;

contro

Soprintendenza ai beni culturali e ambientali di Trapani, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici è ex lege domiciliata , in Palermo, via Villareale, n. 6;

per la riforma

della sentenza del TAR SICILIA - Palermo, sez. I n. 1171/2002, concernente demolizione opere edili abusive;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2018 il Cons. Maria Immordino e udito per le parti l'avvocato Girolamo Rubino e l'avvocato dello Stato Pierfrancesco La Spina;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Con ricorso al TAR Palermo, n. 2678/1997, proposto dagli odierni appellanti, è stato chiesto l'annullamento, previa sospensiva, dell'ordinanza della Sovrintendenza ai beni culturali ed ambientali di Trapani, prot. n. (...) del 9.05.1997, con la quale è stata ordinata la demolizione di una parte dell'immobile ad uso abitativo, realizzato su un tratto di suolo demaniale, difforme, tuttavia, rispetto al progetto autorizzato e insistente su area vincolata ex lege n. 1497/1939, ai sensi del D.A. n. 884/1979.

A sostegno del ricorso i ricorrenti deducevano violazione di legge ed eccesso di potere sotto molteplici profili.

Con ordinanza n. 1753 del 31.07.1997, il TAR adito ha accolto la domanda cautelare.

Costituitasi in giudizio la Sovrintendenza ha, con argomentazioni puntuali, insistito sull'infondatezza nel merito del ricorso.

2. Il TAR ha ritenuto infondati i motivi di censura prospettati e con essi il ricorso che li veicolava.

3. Parti soccombenti hanno proposto avverso detta sentenza nel 2003 l'appello in epigrafe con contestuale domanda di sospensione dell'esecuzione della sentenza impugnata.

3.1. In vista dell'udienza di discussione del 17.10.2018, in data 14.09.2018 è pervenuta a questo Consiglio istanza di rinvio della trattazione della causa in attesa della conclusione dell'iter procedimentale per il rilascio da parte della Capitaneria di porto della concessione demaniale in sanatoria, per la parte dell'immobile difforme dall'originaria concessione; nonché richiesta di incombenti istruttori idonei a dimostrare che la parte abusiva dell'immobile è stata realizzata prima del 1968, vale a dire in epoca anteriore al 1979, anno in cui è stato apposto il vincolo paesaggistico.

3.2. Considerato che l'appello è stato posto in discussione all'udienza del 17.10.2018, dopo che, con decreto n. 148/2017, era stato dichiarato perento il ricorso n.r.g. 876/2003, ai sensi dell'art. 1 comma 1, dell'Allegato 3 del c.p.a., e reiscritto successivamente nel ruolo di merito, a seguito della dichiarazione di persistenza dell'interesse alla trattazione del ricorso e conseguente revoca del decreto di perenzione, il Collegio ritiene che siano ormai, dopo un lasso di tempo così lungo, venute meno le ragioni di gravità ed urgenza per trattare la domanda cautelare.

Il Collegio ritiene altresì che la pendenza dell'appello dal 2003 e la sua reiscrizione a ruolo, dopo dichiarazione di perenzione, su istanza di parte, non giustifica un ulteriore rinvio per la sua definizione.

Il rinvio di un affare chiamato in udienza pubblica per la decisione di merito è invero istituto eccezionale, che deve avere una giustificazione oggettiva e ragionevole; che qui difetta; una eventuale, futura sanatoria, dell'abuso contestato, infatti, non ha effetti sulla legittimità o meno del provvedimento oggetto del presente giudizio.

4. Il ricorso in appello è infondato.

4.1. Con il primo motivo di appello la parte si duole che la sentenza appellata sarebbe errata perché non ha censurato il provvedimento impugnato che, in violazione dell'art. 7, L. n. 241 del 1990, è stato adottato senza la preventiva comunicazione dell'avvio del relativo procedimento ai ricorrenti.

4.2. La censura va disattesa. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il presupposto per l'adozione dell'ingiunzione di demolizione di opere edilizie abusive, consiste nella constatata esecuzione dell'opera in assenza del preventivo titolo abilitativo, o nulla osta della competente autorità. Nell'ipotesi di aree assoggettate a vincolo paesaggistico, l'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso ed al ripristino dello stato dei luoghi è in re ipsa, con conseguente obbligatorietà dell'ingiunzione di demolizione. Sicché, non potendo avere un contenuto diverso da quello adottato, tale provvedimento sfugge alle garanzie partecipative dei destinatari - la cui posizione soggettiva può essere qualificata in termini di interesse partecipativo - ex art. 7 L. n. 241 del 1990 (Cons. St. n. 4204/2016).

5. Con il secondo motivo di appello la parte si duole che la sentenza appellata sarebbe errata perché il provvedimento impugnato sarebbe stato adottato in violazione della L. n. 1497 del 1939 e sarebbe viziato da eccesso di potere sotto diversi profili, perché il provvedimento impugnato sarebbe stato adottato ben 11 anni dopo la realizzazione dell'opera, prima dell'apposizione del vincolo paesaggistico.

5.1. La censura è infondata. Il provvedimento impugnato è stato adottato dalla Sovrintendenza BB.CC.AA. di Trapani a tutela del vincolo paesaggistico cui era stata assoggettata l'area, con D.A. n. 884/1979, area sulla quale insiste l'immobile del quale alcune parti erano state realizzate abusivamente, in difformità dell'originario titolo concessorio.

Il fatto che sia stata rilasciata concessione demaniale nel 1968, non rileva, considerato che l'ordine di demolizione concerne quella parte dell'immobile non coperta da tale concessione demaniale, e per la quale la stessa Capitaneria di Porto, rilevando l'abuso, aveva già nel 1978, ingiunto lo sgombero dei luoghi e la rimessione in pristino. Con il provvedimento impugnato l'Assessorato ha rilevato un distinto profilo di incompatibilità dell'immobile in oggetto, ossia la violazione di un vincolo paesaggistico a tutela di interessi diversi da quelli tutelati dalla Capitaneria di porto. Da qui anche l'inconsistenza dell'asserita contraddittorietà del comportamento dell'Amministrazione, trattandosi di due Amministrazioni preposte alla cura di interessi pubblici diversi. Il che giustifica anche la scelta a suo tempo operata dalla Capitaneria di porto di non procedere alla rimessione in pristino dei luoghi per non compromettere la statica dell'immobile.

Secondo gli appellanti essendo stato imposto nel 1979, il vincolo paesaggistico non opererebbe nei riguardi di opere, quali quelle contestate, realizzate anteriormente al 1968, come risulterebbe anche da una perizia giurata di parte del 1997 depositata agli atti. Orbene, è noto che sotto il profilo processuale la perizia di parte ha il mero valore di un indizio, così come è incontestabile che non possono farsi discendere da un atto fatto predisporre dalla parte interessata, e dunque dalle valutazioni nello stesso atto contenute, le conseguenze auspicate e volute dalla stessa parte. Che le opere siano state realizzate nel corso del 1968 e, dunque, prima dell'apposizione del vincolo paesaggistico con il D.A. del 1979, non è stato dimostrato dai ricorrenti, non essendo stato al riguardo fornita alcuna prova concreta, non emergendo dalla perizia depositata agli atti con certezza il periodo in cui le opere sono state realizzate.

Ma ove anche fosse provato che le opere sono state realizzate anteriormente all'apposizione del vincolo paesaggistico, la circostanza sarebbe irrilevante, trattandosi di opere realizzate a suo tempo abusivamente. Per cui il potere repressivo della Soprintendenza ben può essere esercitato anche per opere anteriori all'imposizione del vincolo, perché comunque abusive.

6. Con il terzo motivo si lamenta che la parte abusiva dell'immobile non sarebbe eliminabile senza danno statico per la parte conforme. Sicché in luogo della demolizione andava consentita la regolarizzazione.

6.1. Il mezzo è infondato perché la circostanza fattuale dedotta è generica e perché afferisce, comunque, e se del caso, alla fase esecutiva dell'ordine di demolizione, senza inficiarne la legittimità e doverosità.

7. Con il quarto motivo di appello si lamenta il vizio di incompetenza in quanto l'ordine di demolizione è stato adottato non dall'autorità comunale, cui spetta l'adozione dei provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, ex L. n. 37 del 1985, ma dalla Soprintendenza.

7.1. La censura è infondata. L'ordinanza di demolizione è stata assunta ai sensi dell'art. 15 della L. n. 1497 del 1939, i cui contenuti sono stati trasfusi nell'art. 164 del D.Lgs. n. 490 del 1999, che a sua volta è stato inglobato nel D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, il quale attribuisce all'Autorità regionale e non comunale la potestà di ordinare all'autore dell'abuso la rimessione in pristino dei luoghi in cui sono state realizzate opere in violazione della disciplina paesaggistica.

8. Con il quinto e ultimo motivo di appello si lamenta difetto di motivazione e difetto dell'affidamento essendo il provvedimento repressivo stato adottato a distanza di molti anni dall'abuso.

8.1. La censura è infondata; basta richiamare l'orientamento espresso dall'adunanza plenaria nel 2017, secondo cui a fronte di opere abusive l'ordine di demolizione è un atto dovuto, che non necessita di motivazione ulteriore rispetto alla constatazione e descrizione dell'opera abusiva, ed è adottabile anche a distanza di molto tempo; né, a fronte di opere abusive, ossia frutto di una condotta illecita del privato, può parlarsi di affidamento del privato meritevole di tutela.

9. L'appello, per le considerazioni che precedono, va respinto.

Sussistono valide ragioni, per la complessità della questione oggetto del presente giudizio, per la compensazione delle spese.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma il provvedimento impugnato in primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2018 con l'intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente

Hadrian Simonetti, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere

Giuseppe Barone, Consigliere

Maria Immordino, Consigliere, Estensore
Avv. Antonino Sugamele

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