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Sentenza

Abusi edilizi - Reati - Tipologia - Realizzazione di un piazzale - Permesso di c...
Abusi edilizi - Reati - Tipologia - Realizzazione di un piazzale - Permesso di costruire - Necessità - Ragioni.
Cassazione penale, sez. III, 15/11/2016, (ud. 15/11/2016, dep.12/01/2017),  n. 1308
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Classificazione:

    EDILIZIA E URBANISTICA - Piani regolatori comunali: lottizzazione di aree fabbricabili - - divieto e sanzioni
    EDILIZIA E URBANISTICA - Reati - - in genere

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                        SEZIONE TERZA PENALE                         
              Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:              
Dott. CAVALLO  Aldo             -  Presidente   -                    
Dott. RAMACCI  Luca        -  rel. Consigliere  -                    
Dott. ROSI     Elisabetta       -  Consigliere  -                    
Dott. SOCCI    Angelo Matteo    -  Consigliere  -                    
Dott. DI STASI Antonella        -  Consigliere  -                    
ha pronunciato la seguente:                                          
                     SENTENZA                                        
sul ricorso proposto da: 
         P.C., nato il (OMISSIS); 
avverso la sentenza del 15/10/2013 della CORTE APPELLO di NAPOLI; 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; 
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/11/2016, la relazione svolta dal 
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI; 
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CANEVELLI PAOLO, 
che ha concluso per l'annullamento senza rinvio per prescrizione. 
                 


Fatto
RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 15/10/2013 ha confermato la decisione con la quale, in data 16/10/2009, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - Sezione Distaccata di Aversa, aveva affermato la responsabilità penale di P.C. in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), per la realizzazione, in assenza di titolo abilitativo, di un piazzale mediante spianamento di un terreno agricolo, con un riempimento sovrastante di circa 10.000 metri cubi (in (OMISSIS)).

Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p..

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, rilevando che i giudici del merito l'avrebbero erroneamente condannata anche in relazione alla realizzazione di opere in cemento armato, pur riferendosi l'imputazione alla mera realizzazione di un piazzale mediante riempimento con materiale di risulta.

La sentenza, inoltre, farebbe contraddittoriamente riferimento anche ad attività di sbancamento, nonostante l'imputazione riguardasse l'attività di riempimento.

3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta, invece, la violazione dell'art. 175 c.p., avendo la Corte territoriale negato il beneficio della non menzione della condanna nel certificato penale in relazione alla gravità del fatto e non anche formulando un giudizio prognostico sul futuro reinserimento del condannato.

Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.

4. Il procedimento, a seguito di esame preliminare, veniva assegnato alla Settima Sezione Penale di questa Corte, rilevando la inammissibilità, per genericità, dei motivi di ricorso.

All'udienza camerale del 10/4/2015 la Settima Sezione, rilevata la non manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso, disponeva rimettersi gli atti a questa Terza Sezione, competente secondo i criteri ordinari, ai sensi dell'art. 610 c.p.p., comma 1, ultima parte.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, sebbene non generico, come rilevato dalla Settima Sezione penale, è comunque inammissibile perchè basato su motivi manifestamente infondati.

2. Occorre rilevare, con riferimento al primo motivo di ricorso che la condanna della ricorrente è intervenuta per la sola violazione urbanistica contestata al capo A) della rubrica, come emerge chiaramente dall'intestazione della sentenza impugnata, che indica espressamente detto capo della sentenza.

Nella sentenza di primo grado è, inoltre, chiaramente indicata in dispositivo l'assoluzione dal capo B) della rubrica, quella concernente la violazione delle disposizioni in materia di opere in cemento armato, della quale viene dato conto in motivazione.

Quanto all'ulteriore censura, concernente il riferimento, ritenuto errato e contraddittorio, all'attività di sbancamento, va rilevato che la stessa è manifestamente infondata.

Il capo di imputazione chiaramente si riferisce alla realizzazione, in assenza di permesso di costruire, di un piazzale realizzato mediante "riempimento sovrastante di circa mc 10.000 con materiale edile di risulta misto a terreno".

La sentenza impugnata rileva che l'opera abusiva veniva realizzata "mediante spianamento di un terreno agricolo, in cui si riveniva materiale inerte, alterando l'andamento naturale dello stesso e delle sistemazioni idrauliche ed agrarie esistenti", dando altresì atto dell'avvenuta trasformazione del fondo.

3. In tali affermazioni non si rinviene alcuna contraddizione, atteso che l'attività edilizia abusiva risulta compiutamente descritta e risulta pacificamente effettuata attraverso l'apporto di materiale edile di risulta e terra per un quantitativo di 10.000 mc, poi definitivamente collocato in modo tale da realizzare un piazzale.

E' dunque di tutta evidenza che il materiale, evidentemente trasportato nell'area interessata dall'intervento abusivo nella quantità indicata, sia stato poi predisposto conformemente allo scopo mediante un'attività che può senz'altro definirsi di "sbancamento" e "livellamento", così come l'utilizzo del termine "riempimento" risulta pacificamente riferito all'apporto di terreno e materiali inerti.

I termini utilizzati, dunque, paiono chiaramente rivolti alla descrizione delle singole fasi dell'intervento che hanno comportato il conferimento del materiale necessario e la sua successiva lavorazione finalizzata alla realizzazione del piazzale, determinando, cosa che maggiormente rileva, quella trasformazione permanente dell'originario assetto dell'area che correttamente i giudici del merito hanno ritenuto penalmente rilevante in quanto eseguita in assenza di permesso di costruire.

La giurisprudenza penale distingue tra diverse ipotesi di scavo, sbancamenti, livellamenti di terreno. Tale tipologia di intervento può essere infatti così suddivisa: interventi finalizzati ad attività agricole, interventi finalizzati ad usi diversi da quelli agricoli che incidono sul tessuto urbanistico del territorio, interventi prodromici alla realizzazione di un immobile.

Nel primo caso non si ritiene necessario il permesso di costruire che, al contrario, è richiesto negli altri due casi (cfr. Sez. 3, n. 17114 del 16/12/2014 (dep. 2015), Bettoni, non massimata: Sez. 3, n. 4916 del 13/11/2014 (dep. 2015), Agostini, Rv. 262475 Sez. 3, n. 8064 del 2/12/2008 (dep. 2009), P.G. in proc. Dominelli e altro, Rv. 242741, Sez. 3, n. 45492 del 29/10/2008, Marinangeli, non massimata).

4. Va conseguentemente affermato, in relazione alle opere per cui è processo, che integra un illecito edilizio l'esecuzione, in assenza del permesso di costruire, di interventi finalizzati a realizzare un piazzale mediante apporto di terreno e materiale inerte e successivo sbancamento e livellamento del terreno, in quanto tale attività, pur non comportando un'edificazione in senso stretto, determina una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio.

5. Quanto al secondo motivo di ricorso va ricordato, come hanno fatto anche i giudici del gravame, che il beneficio della non menzione della condanna di cui all'art. 175 c.p. è fondato sul principio dell"‘emenda" e tende a favorire il processo di recupero morale e sociale, sicchè la sua concessione è rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito, che è tenuto ad indicare le ragioni della mancata concessione sulla base degli elementi di cui all'art. 133 c.p. (Sez. 4, n. 34380 del 14/7/2011, Allegra, Rv. 251509; Sez. 2, n. 6949 del 12/3/1998, Pennisi S, Rv. 211100).

La Corte territoriale risulta aver fatto uso adeguato del richiamato principio, motivatamente escludendo la concedibilità del beneficio in considerazione della gravità del fatto accertato.

6. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità consegue l'onere delle spese del procedimento, nonchè quello del versamento, in favore della Cassa delle Ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 2.000,00.
PQM
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 (duemila) in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2017
Avv. Antonino Sugamele

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