Querce centenarie abbattute con una ordinanza sindacale extra-ordinem. Illegittimità.
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 3 – 22 marzo 2016, n. 1189
Presidente Severini – Estensore Franconiero
Fatto
1. L'avv. Gabriele Liuzzo impugnava davanti al Tribunale amministrativo per il Lazio – sede di Roma l'ordinanza ex art. 54 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 con la quale il sindaco del Comune di Roccantica aveva disposto l'abbattimento delle alberature (querce antiche) costeggianti la strada comunale via Ciliciano, tra cui quelle ubicate nel confinante terreno di sua proprietà (ordinanza n. 17 del 17 giugno 2010). Con successivi motivi aggiunti l'impugnativa era estesa alla successiva ordinanza con cui l'abbattimento era limitato ad undici querce oltre alla potatura di un altra (ordinanza n. 36 del 25 novembre 2010).
2. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo accoglieva il ricorso contro la prima ordinanza, ritenendo insussistente la situazione di grave pericolo improvviso e non altrimenti fronteggiabile prevista dall'art. 54 quale presupposto del provvedimento d'urgenza.
3. Questi i passaggi su cui si impernia la decisione di accoglimento:
- la strada interessata dall'affaccio degli alberi sulla carreggiata è «una piccola strada interpoderale, della larghezza massima di 3-4 metri, e, deve ritenersi, di interesse puramente locale, percorsa, pertanto, da uno scarso traffico veicolare, fatta eccezione per il primo tratto di cinquanta metri, attesa la presenza di una casa di riposo per anziani»;
- per contro, trattandosi di «querce centenarie», che «insistono da tempo sul terreno di cui trattasi», deve ritenersi che «la stessa stradina interpoderale sia stata realizzata seguendo il percorso segnato dalla presenza degli alberi in questione»;
- posto allora che la situazione di pericolo presupposta nell'ordinanza attiene «da un lato, all'inclinazione delle querce verso la carreggiata stradale e, dall'altro, alla collocazione in curva di alcune delle stesse», questa non può dirsi sopraggiunta improvvisamente, ma da lungo tempo «considerata l'età delle piante nonché la conformazione del tragitto stradale di cui trattasi»;
- in ogni caso, tale pericolo può apprezzarsi al più «esclusivamente con riferimento ad un certo determinato numero di piante ma non invece, indifferentemente, con riferimento a tutte le piante di proprietà del ricorrente insistenti sulla carreggiata stradale».
4. Il Tribunale amministrativo accoglieva inoltre i motivi aggiunti.
Oltre a rilevarne il carattere elusivo rispetto alla ordinanza di sospensione cautelare (ordinanza 16 luglio 2010, n. 3331), il giudice di primo grado statuiva che:
- erano stati violati i diritti partecipativi al procedimento e il provvedimento conclusivo risultava così inficiato da insufficiente istruttoria, in particolare per non essere stato riscontrato l'invito del ricorrente di eseguire un sopralluogo in contraddittorio, al fine di individuare in modo specifico gli alberi da abbattere o potare, avendo invece l'amministrazione provveduto in via unilaterale;
- nel limitarsi a richiamare il solo art. 50 d.lgs. n. 267 del 2000, relativo ai casi di emergenze sanitarie e di igiene pubblica a livello locale (comma 4), l'ordinanza era priva del necessario fondamento normativo, per la pacifica insussistenza del presupposto previsto da tale disposizione;
- tanto meno il medesimo provvedimento contingibile può legittimamente fondarsi sull'art. 29 Cod. strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), poiché la disposizione pone a carico dei proprietari dei fondi confinanti con la strada l'obbligo di impedire che «siepi» o «rami delle piante» possano ostacolare la circolazione stradale, «ma non sembra assolutamente consentire l'abbattimento forzoso di un rilevante numero di querce centenarie collocate lungo la carreggiata di una stradina interpoderale»;
- infine, il provvedimento non reca alcun riferimento ad un incidente stradale ivi occorso, dedotto dal Comune nelle difese svolte nel giudizio, né tanto meno all'art. 26 del Codice della strada, nella parte in cui individua una distanza minima di sei metri delle alberature dal ciglio della strada extraurbana, trattandosi in ogni caso di disposizione non applicabile «ad alberature secolari preesistenti all'entrata in vigore della stessa».
5. Il Comune di Roccantica ha proposto appello contro la decisione del Tribunale amministrativo.
6. Resiste al mezzo l'originario ricorrente.
Diritto
1. Con il primo motivo d'appello, il Comune di Roccantica censura la sentenza di primo grado per travisamento dei fatti e per essere sconfinata nel merito amministrativo, contestando in particolare che la strada di via Ciliciano sia interpoderale e che il traffico veicolare su di essa sia modesto, come invece ritenuto dal Tribunale amministrativo, e le conclusioni conseguentemente tratte circa la situazione di pericolo ravvisata dai provvedimenti impugnati.
Con il secondo motivo l'amministrazione appellante rileva che a fronte dell'oggettiva pericolosità di tale situazione, la violazione delle garanzie procedimentali dedotta dall'avvocato Liuzzo degrada a irregolarità non invalidante ex art. 21-octies l. 7 agosto 1990, n. 241. Inoltre, il Comune evidenzia che la questione delle condizioni fitosanitarie, sollevata da controparte, è irrilevante a fronte della pericolosità delle piante, derivanti dalla loro inclinazione verso la sede stradale.
Con il terzo ed ultimo motivo l'appellante osserva che il mancato richiamo all'art. 54 d.lgs. n. 267 del 2000 nella seconda ordinanza non invalida il provvedimento, essendo chiari i presupposti di pericolosità sulla cui base è stato emanato. Inoltre, il motivo sottolinea che l'ordinanza dispone anche la potatura di alcuni alberi ed è dunque riconducibile al paradigma astratto di cui al citato art. 29 Cod. strada, espressamente richiamato nell'atto.
2. Nessuna di queste censure è fondata e l'appello deve quindi essere respinto.
Entrambe le ordinanze impugnate sono sfornite di elementi istruttori e di motivazione in grado di rappresentare un'effettiva situazione di grave pericolo che minaccia l'incolumità dei cittadini (art. 54, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000), solo in ragione della quale si giustifica l'eccezionale deroga al principio di tipicità degli atti amministrativi e alla disciplina vigente attuata mediante l'utilizzazione di provvedimenti extra ordinem (sulla necessità che il presupposto delle ordinanze contingibili e urgenti - mezzo per far fronte a situazioni di carattere eccezionale e impreviste costituenti minaccia per la pubblica incolumità e per le quali sia impossibile utilizzare gli ordinari mezzi approntati dall'ordinamento - sia suffragato da istruttoria e motivazione adeguate la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato è costante; da ultimo: Cons. Stato, III, 29 maggio 2015, n. 2697; V, 23 settembre 2015, n. 4466, 2 marzo 2015, n. 988, 25 maggio 2012, n. 3077, 20 febbraio 2012, n. 904; VI, 5 settembre 2005, n. 4525). Né emerge in alcun modo perché una siffatta situazione, evidentemente non generatasi improvvisamente, non possa essere, sempre che ne sussistano i presupposti, affrontata con i mezzi ordinari.
La violazione delle garanzie partecipative – qui di particolare pregnanza, atteso il valore sia ornamentale che economico delle storiche querce e comunque il costo immaginabile della rimozione delle piante e dell'estirpazione dei ceppi – è vizio conseguente.
3. In particolare, entrambi i provvedimenti si fondano su relazioni di servizio (rispettivamente nn. 1648 e 2986 del 17 giugno e 19 novembre 2010) in cui viene riportata la presenza di piante, in prevalenza querce secolari, site sulla scarpata a monte della strada, asserite comportare una situazione di pericolo per l'incolumità pubblica a causa del fatto che sono «inclinate verso la carreggiata stradale» e tali da impedire «anche la visibilità, essendo poste in curva» e, nella seconda relazione, anche il passaggio degli autoveicoli con i loro rami «posti ad altezza inferiore ai limiti dettati dal codice della strada».
A supporto di queste asserite, eccezionali ed urgenti e non altrimenti fronteggiabili circostanze, non vi sono – e soltanto nella seconda relazione - altro che fotografie relative alla singola pianta, scattate ad una distanza talmente ravvicinata da impedire di verificare se effettivamente queste costituiscano un ostacolo alla visibilità o al transito viario. Quindi, entrambe le ordinanze, emesse nello stesso giorno della rispettiva relazione, recepiscono pedissequamente queste ultime.
4. A fronte di tali evidenti carenze nella rappresentazione dei presupposti necessari per l'esercizio del potere il Tribunale amministrativo ha accolto l'impugnativa dell'avv. Liuzzo con motivazione condivisibile, puntuale e ben argomentata, in grado di resistere alle censure sollevate dal Comune di Roccantica con il presente appello.
In primo luogo, quest'ultimo adduce in contrario (I motivo d'appello) elementi di prova non citati nelle ordinanze impugnate, e cioè la relazione del vicino Comune di Poggio Catino del 10 settembre 2010, addirittura successivi alla sentenza appellata, come la relazione dei carabinieri di Casperia del 9 novembre 2011. Con ciò l'amministrazione tenta in modo inammissibile di integrare davanti al giudice la motivazione dei propri provvedimenti e viola al contempo il divieto di ius novorum sancito dall'art. 104, comma 2, Cod. proc. amm..
Inoltre, nell'accogliere le censure dedotte dall'avv. Liuzzo, il giudice di primo grado non ha operato alcuno sconfinamento in valutazioni discrezionali, ma bene ha riscontrato vizi evidenti quali la violazione delle garanzie partecipative, la carenza di presupposti, l'insufficiente istruttoria e lo sviamento di potere, del tutto sindacabili nell'ambito della giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo.
5. L'indimostrata sussistenza dei presupposti per emettere le ordinanze contingibili oggetto del presente giudizio, non supplita dalle prove offerte dal Comune di Roccantica di cui al motivo sopra esaminato, impedisce di invocare fondatamente la “sanatoria processuale” prevista dall'art. 21-octies, comma 2, l. n. 241 del 1990 (II motivo d'appello).
A questo specifico riguardo, occorre soggiungere che le censure con cui l'originario ricorrente aveva lamentato di non avere potuto esercitare le ricordate garanzie partecipative procedimentali assumono rilievo sostanziale, alla luce dell'assenza di elementi istruttori a base dei provvedimenti impugnati in grado di rappresentare in modo adeguato una effettiva situazione di pericolo per la pubblica incolumità.
6. Alla luce di tale fondamentale carenza è quindi vano invocare il principio secondo cui l'errata indicazione delle norme fondanti l'esercizio del potere non comporta invalidità dell'atto amministrativo quando i relativi presupposti sono chiaramente espressi nella motivazione dello stesso (III motivo d'appello). Infatti, alla luce di quanto sinora rilevato, difetta proprio il presupposto che avrebbe legittimato il sindaco del Comune di Roccantica ad avvalersi degli eccezionali poteri di ordinanza ex art. 54.
7. Da ultimo, nemmeno può sostenersi che la seconda ordinanza sarebbe comunque riconducibile al potere di cui all'art. 29 Cod. strada, in essa richiamato.
La disposizione prevede pone a carico dei proprietari confinanti con la strada il dovere di manutenzione delle piante ed in particolare di potatura dei rami «che si protendono oltre il confine stradale e che nascondono la segnaletica o che ne compromettono comunque la leggibilità dalla distanza e dalla angolazione necessarie». Ma come per il pericolo per l'incolumità pubblica, ed in disparte i sintomi di sviamento evincibili dal promiscuo ed apodittico richiamo a quest'ultima dedotti in primo grado dall'avv. Liuzzo, neanche a dimostrazione di questo presupposto sono forniti nell'ordinanza e negli atti presupposti elementi istruttori adeguati.
8. Le spese del presente grado di giudizio vanno regolate in base alla soccombenza, non essendo ravvisabile alcun motivo per derogarvi, anche alla luce del comportamento tenuto dall'amministrazione, che – come già rilevato dal Tribunale amministrativo – ha eluso la sospensiva concessa da quest'ultimo dapprima emanando la seconda ordinanza ed in seguito portandola ad esecuzione. Per la relativa liquidazione si rinvia al dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Comune di Roccantica a rifondere all'avv. Gabriele Liuzzo le spese del presente grado di giudizio, liquidate in € 5.000,00 (cinquemila), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
02-04-2016 23:52
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