In ambito di gestione straordinaria dei rifiuti, il Commissario è legittimato ad esercitare ampi poteri di amministrazione, diffida e sostitutivi e ciò, a differenza di quanto sostenuto da T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-bis, 5 luglio 2013 n. 6647 e n. 6648 e T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-bis n. 7059 del 2013, non determina alcun ampliamento contra legem dei relativi poteri pubblicistici.
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 21-05-2014, n. 2621
Fatto - Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5597 del 2013, proposto da:
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del Ministro in carica, Commissario per fronteggiare la situazione di grave criticità nella gestione dei rifiuti urbani nel territorio della Provincia di Roma, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Provincia di Frosinone, non costituita in giudizio nel presente grado;
nei confronti di
Roma Capitale, in persona del Sindaco in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Angela Raimondo, con domicilio eletto presso l'Avvocatura Capitolina, in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
Provincia di Roma, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanna De Maio, con domicilio eletto in Roma, via IV Novembre, 119/A;
Provincia di Latina, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Roberto de Tilla, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Roma, via S. Nicola da Tolentino, 50;
Comune di Roccasecca, Provincia di Viterbo, Provincia di Rieti, SAF s.p.a. - Società Ambiente Frosinone, Regione Lazio, non costituiti in giudizio nel presente grado;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA, SEZIONE II BIS, n. 7059/2013, resa tra le parti e concernente: gestione dei rifiuti urbani nel territorio della provincia di Roma;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 4 marzo 2014, il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, l'avvocato dello Stato Biagini e gli avvocati Raimondo e de Tilla;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Con la sentenza in epigrafe, il T.a.r. per il Lazio accoglieva il ricorso n. 911 del 2013, proposto dalla Provincia di Frosinone avverso il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 1 del 3 gennaio 2013, come integrato dai D.M. del 9 gennaio 2013 e D.M. 25 marzo 2013, con cui il Prefetto a riposo G.S. era stato nominato a Commissario ai sensi dell'art. 1, comma 358, L. 24 dicembre 2012, n. 228 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013), per fronteggiare la situazione di grave criticità della gestione dei rifiuti urbani nel territorio della Provincia di Roma di cui al D.P.C.M. 22 luglio 2011 e ss. mm. ii., dichiarativo di correlativo stato di emergenza ambientale, ed avverso il conseguente provvedimento commissariale del 15 gennaio 2013, con cui - tra i dieci impianti elencati nella tabella allegata al decreto ministeriale - erano stati individuati quattro impianti per il trattamento meccanico-biologico (TMB) dei rifiuti indifferenziati dei comuni di Roma Capitale, Fiumicino e Ciampino e dello Stato della Città del Vaticano, tra cui quello di Colfelice ubicato nel territorio provinciale di Frosinone e gestito da SAF s.p.a., oggetto di diffida a trattare detti rifiuti nel proprio impianto entro i limiti della capacità residua autorizzata (indicata in 139.597 tonnellate/anno), nonché avverso la nota della Regione Lazio del 21 dicembre 2012 diretta al Ministero dell'ambiente, recante l'indicazione degli impianti TMB ubicati nel territorio regionale e aventi capacità residue di trattamento dei rifuti; provvedimenti impugnati, fondati sulla presupposta esistenza di un deficit impiantistico (differenza tra fabbisogni e capacità autorizzata) dei quattro impianti TMB esistenti nel territorio di Roma Capitale (rispettivamente gli impianti Rocca Cencia e Via Salaria, gestiti da AMA s.p.a., e Malagrotta 1 e Malagrotta 2, gestiti dal consorzio CO.LA.RI. s.r.l.), calcolato in ca. 300.000 tonnellate/anno di rifiuti indifferenziati fino alla fine dell'anno 2014 (quando, secondo le previsioni, sarebbe stata raggiunta una percentuale del 50% di raccolta differenziata).
Il T.a.r. accoglieva il ricorso sulla base del rilievo centrale del difetto d'istruttoria e di contraddittorietà sia in ordine all'individuazione della capacità residua dell'impianto di Colfelice - valutata (a giudizio del T.a.r.) sulla base di dati meramente teorici desumibili dalle autorizzazioni regionali, senza tener conto di alcuni ostacoli di ordine organizzativo relativi alle strutture dell'impianto ed all'assetto del personale, ostativi alla saturazione integrale della massima capacità di lavorazione autorizzata e allo smaltimento dei residui di combustibile da rifiuti (CDR) e degli scarti da inviare in discarica -, sia in ordine all'assunta impossibilità dei quattro impianti romani di trattare integralmente la quantità di rifiuti residui indifferenziati prodotti nei comuni di Roma Capitale, Fiumicino e Ciampino e nello Stato della Città del Vaticano, ravvisando di conseguenza la violazione dei principi di economicità e buon andamento dell'azione amministrativa, oltre che di autosufficienza e di prossimità nella gestione dei rifiuti.
Il T.a.r. rinviava, per il resto, ob relationem ai profili di illegittimità affermati nelle sentenze parallele, con cui erano stati accolti i ricorsi proposti dal Comune di Albano Laziale (sentenza n. 6647 del 2013) e dall'Unione dei Comuni 'Antica Terra di Lavoro' (sentenza n. 6648 del 2013) avverso gli stessi provvedimenti, sotto il profilo della violazione dei limiti ordinamentali posti all'attribuzione dei poteri in esame all'organo commissariale. Nelle predette sentenze, il T.a.r. aveva affermato che l'impugnato decreto ministeriale ampliava indebitamente i poteri commissariali oltre i limiti consentiti dalla normativa primaria, prevedendo la possibilità di individuare siti in cui conferire in trattamento i rifiuti della Capitale, con poteri di diffida e sostitutivi, con ciò illegittimamente estendendo i poteri emergenziali e in deroga, stabiliti dalla citata L. n. 228 del 2012, a fattispecie ulteriori e per una situazione di emergenza già esauritasi al 31 dicembre 2012 (come da D.P.C.M. del 22 luglio 2011), mentre la disposizione legislativa istitutiva del commissario delegato, con richiamo dell'O.P.C.M. 6 settembre 2011, n. 3963, limitava i compiti commissariali diretti a fronteggiare la situazione di grave criticità in questione, in primo luogo, alla "continuità delle azioni in corso per il superamento di tale criticità", ovvero tese "alla realizzazione di una o più discariche" per fronteggiare l'imminente chiusura del sito di Malagrotta, "e/o", in secondo luogo, "per l'ampliamento di discariche esistenti indicate dalla medesima Regione" (v. commi 358, 359 e 360 dell'art. 1 L. n. 228 del 2012, nonché l'ivi richiamata O.P.C.M. n. 3963 del 2011). Inoltre, secondo la tesi ivi propugnata dal T.a.r., alla luce di una lettura costituzionalmente orientata della disciplina contenuta nella L. n. 228 del 2012, i poteri di cui ai richiamati commi 358, 359 e 360 non potevano che trovare i propri limiti entro l'ambito della finalità espressa dalla legge medesima, ovvero in funzione della menzionata "continuità" con quanto disposto nel provvedimento emergenziale richiamato, dovendosi la deroga alle ordinarie competenze fondare su un dato legalmente chiaro, determinato temporalmente e definito con riguardo alla specifica esigenza (la realizzazione di un nuovo impianto o l'ampliamento di quelli preesistenti), mentre nessuna disposizione autorizzava a ritenere incluso tra le competenze commissariali il conferimento dei rifiuti indifferenziati per il trattamento meccanico-biologico in impianti di differenti ambiti territoriali, dimensionati con riguardo a diverse esigenze su scala locale, pena la violazione dei principi - di rilievo comunitario - di autosufficienza e prossimità, fissati dall'art. 182-bis D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, come integrato dall'art. 9 D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, oltre che del principio di sussidiarietà.
Il T.a.r. annullava pertanto gli impugnati provvedimenti, a spese integralmente compensate tra le parti.
2. Avverso tale sentenza interponevano appello il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché l'organo commissariale, deducendo i seguenti motivi:
a) l'erroneo accoglimento della censura di eccesso di potere per difetto d'istruttoria e per contraddittorietà, deponendo le documentazione versata in giudizio in senso contrario alle conclusioni del T.a.r.;
b) con riguardo alle sentenze richiamate ob relationem, l'erronea applicazione degli art1. 1, commi 358, 359 e 360, L. n. 228 del 2012 e 182-bis D.Lgs. n. 152 del 2006 e dei principi di autosufficienza e prossimità in materia di smaltimento dei rifiuti solidi urbani indifferenziati (non pericolosi), nonché l'erronea omessa valorizzazione della sopravvenienza normativa di cui all'art. l'art. 41, comma 5, D.L. 21 giugno 2013, n. 69, in quanto:
- l'elencazione dei poteri commissariali contenuta nel comma 360 dell'art. 1 L. n. 228 del 2012 non poteva ritenersi tassativa ed esaustiva, ma, in virtù dell'ivi contenuta clausola di salvezza riferita a "quanto previsto dall'ultimo periodo del comma 359", la determinazione dei compiti commissariali era, dalla normativa primaria, espressamente rimessa al decreto ministeriale di attuazione, con conseguente legittima attribuzione (nell'impugnato decreto) al commissario del potere di individuare, in ambito regionale, gli impianti di trattamento meccanico-biologico dei rifiuti urbani, che avessero una capacità residua di trattamento;
- l'art. 41, comma 5, D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (seguito dal decreto ministeriale di attuazione del 27 giugno 2013), a conferma di tale interpretazione, aveva espressamente esteso i poteri commissariali anche a quelli di cui all'art. 2 della citata O.P.C.M. n. 3963 del 6 settembre 2011, "necessari per assicurare la prosecuzione, senza soluzione di continuità, dello smaltimento dei rifiuti nell'area interessata dallo stato di emergenza di cui alla presente ordinanza", e, dunque, comprensivi del potere di individuare impianti al fuori dal territorio provinciale interessato dallo stato di emergenza;
- il D.Lgs. n. 152 del 2006, in recepimento della disciplina comunitaria, non poneva alcun divieto di trattare i rifiuti urbani al di fuori del territorio comunale o provinciale di provenienza, essendo unicamente vietato lo smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi al di fuori del territorio regionale, con conseguente mancata violazione dei principi comunitari di autosufficienza e prossimità.
Le amministrazioni appellanti chiedevano pertanto, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell'appellata sentenza e in sua riforma, la reiezione dell'avversario ricorso di primo grado.
3. Si costituivano in giudizio le appellate Roma Capitale e Provincia di Roma, aderendo all'appello proposto dalle Amministrazioni statali e chiedendone l'accoglimento, mentre ometteva di costituirsi nel presente grado l'appellata Provincia di Frosinone, originaria ricorrente.
Si costituiva, altresì, in giudizio nel presente grado la Provincia di Latina - già costituitasi in primo grado a sostegno delle ragioni dell'originaria ricorrente -, contestando la fondatezza dell'appello e chiedendone la reiezione.
4. Accolta con ordinanza n. 2966 del 31 luglio 2013 l'istanza di sospensiva - con motivazione incentrata sul requisito del periculum in mora -, all'udienza pubblica del 4 marzo 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L'appello è fondato e merita accoglimento.
5.1. In accoglimento del primo motivo d'appello, di cui sopra sub 2.a), è decisivo rilevare che:
- alla luce di una valutazione unitaria ed onnicomprensiva della documentazione acquisita al giudizio deve pervenirsi alla conclusione che l'individuazione degli impianti oggetto di diffida (tra cui quello di Colfelice) sia avvenuta sulla base di accertamenti istruttori esaurienti attorno all'insufficienza della rete impiantistica esistente nel territorio di Roma Capitale, costituita da quattro impianti TMB (Rocca Cencia, Via Salaria, Malagrotta 1 e Malagrotta 2) con una capacità autorizzata complessiva al trattamento di 935.000 tonnellate/anno, a fronte di un fabbisogno di 1.218.000.000 tonnellate/anno, ed alla capacità ricettiva residua degli impianti oggetto di diffida nel rispetto delle rispettive esigenze tecniche, di sicurezza e di pianificazione nel contesto dell'intera rete di impianti esistente nella Regione ciò, anche con riguardo alla problematica dei flussi dei rifiuti in uscita, compreso il combustibile derivato da rifiuti (CDR) inviato a recupero energetico;
- con particolare riguardo all'insufficienza degli impianti di Roma Capitale e alla capacità residua dell'impianto di Colfelice, vengono in rilievo le note di AMA s.p.a. del 5 giugno 20013 e di CO.LA.RI. s.r.l. del 25 giugno 2013, nonché le note del Comando provinciale dei Carabinieri di Frosinone del 22 maggio 2013 e del Nucleo Operativo Ecologico di Roma relative a verifiche effettuate rispettivamente presso l'impianto di Colfelice e i quattro impianti di Roma Capitale, oltre alle relazioni ISPRA e ARPA redatte in esito alla verificazione disposta nei ricorsi paralleli sub r.g n. 1751 del 2013 e n. 1752 del 2013 T.a.r. Lazio (documenti tutti, prodotti dalla difesa erariale), le cui risultanze confermano la correttezza dei presupposti di fatto posti a base degli impugnati provvedimenti ed il rispetto dei principi di proporzionalità ed adeguatezza dell'azione amministrativa.
5.2. In accoglimento del secondo motivo d'appello, di cui sopra sub 2.b), in ossequio al principio di sinteticità è sufficiente richiamare integralmente le motivazioni poste a base delle sentenze pronunciate da questa Sezione nelle cause parallele iscritte sub r.g. n. 5245 del 2013, n. 5247 del 2013 e n. 5248 del 2013, pure chiamate all'odierna udienza e trattenute in decisione, escludenti i correlativi vizi di violazione di legge erroneamente ritenuti sussistenti dal T.a.r..
5.3. Per le esposte ragioni, in accoglimento dell'appello e in riforma dell'impugnata sentenza, deve essere respinto il ricorso di primo grado.
Nulla è dato statuire sui motivi assorbiti in primo grado, in difetto di espressa riproposizione ai sensi dell'art. 101, comma 2, cod. proc. amm..
6. Attese le alterne vicende connotanti la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 5597 del 2013), lo accoglie e, per l'effetto, respinge il ricorso di primo grado (ricorso n. 911 del 2013 T.a.r. Lazio); dichiara le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate fra tutte le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2014, con l'intervento dei magistrati:
Sergio De Felice, Presidente FF
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Vito Carella, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore
05-06-2014 13:37
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