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Sentenza

Edilizia. Attività contraria a leggi e regolamenti. Conformità al titolo abilita...
Edilizia. Attività contraria a leggi e regolamenti. Conformità al titolo abilitativo (SCIA). Repressione dell'abuso edilizio. Annullamento in via di autotutela della SCIA. Occorre.
T.A.R. Lombardia Milano, Sez. II, 24 ottobre 2014, n. 2557

N. 02557/2014 REG.SEN.

N. 02944/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2944 del 2013, proposto da:
FABIO MARIO MARCHINA, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mariagrazia Monegat e Ileana Alesso, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Milano, Via Larga n.15;

contro

COMUNE di MILANO, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Antonello Mandarano, Maria Lodovica Bognetti, Paola Cozzi e Sabrina Maria Licciardo, con domicilio eletto presso gli Uffici dell'Avvocatura civica in Milano, Via Andreani n. 10;

per l'annullamento

dell'ordinanza di demolizione, P.G. 550629/2013, del 21 agosto 2013, notificata a parte ricorrente in data 3 settembre 2013.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2014 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in esame viene impugnata un'ordinanza di demolizione emessa dal Comune di Milano in data 21 agosto 2013, riguardante una serra realizzata dal sig. Fabio Mario Marchina (odierno ricorrente) sul terrazzo adiacente alla propria abitazione.

Si è costituito in giudizio, per resistere al gravame, il Comune di Milano.

La Sezione, con ordinanza n. 126 del 24 maggio 20144, ha accolto l'istanza cautelare.

In prossimità dell'udienza di discussione del merito, le parti hanno depositato memorie insistendo nelle proprie conclusioni.

Tenutasi la pubblica udienza in data 9 ottobre 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.

Ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato, essendo meritevole di accoglimento il secondo motivo con il quale la parte evidenzia come l'Amministrazione, contravvenendo alla norma contenuta nell'art. 19 della legge n. 241 del 1990, abbia adottato l'ordine di demolizione senza preventivamente rimuovere il titolo formatosi a seguito di presentazione della segnalazione certificata di inizio attività del 16 novembre 2011.

In proposito il Collegio deve osservare che le disposizioni sanzionatorie contenute nel capo II del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 presuppongono la realizzazione di interventi edilizi in assenza o in difformità dal titolo abilitativo.

Nel caso in cui le opere siano invece conformi al titolo non è dunque possibile l'esercizio del potere sanzionatorio, salva la possibilità per l'amministrazione preposta al controllo di rimuovere il titolo stesso esercitando i propri poteri di autotutela.

Questi principi valgono anche nel caso in cui l'attività edilizia sia stata realizzata a seguito di presentazione di denuncia di inizio attività o di segnalazione certificata di inizio attività posto che, in tali casi, seppur in carenza di un vero e proprio provvedimento amministrativo di primo grado, con lo spirare del termine concesso dalla legge per l'esercizio del potere inibitorio si consolida in capo al privato una situazione di particolare affidamento che può essere sacrificata solo attraverso l'esercizio di un potere assimilabile a quello di autotutela , tanto che la giurisprudenza parla in proposito di “autotutela sui generis” (cfr. fra le tante, Consiglio di Stato, sez. IV, 16 aprile 2014, n. 1880).

Nel caso concreto, né il provvedimento impugnato né l'atto di sospensione lavori da esso richiamato (emesso in data 23 maggio 2012) indicano in maniera chiara e puntuale dove risieda il contrasto fra opere effettivamente realizzate dal ricorrente e opere assentite.

Anzi, nell'ordinanza di demolizione del 21 agosto 2013 si fa esclusivamente riferimento a presunte carenze ed irregolarità progettuali.

E' del tutto evidente pertanto - tenuto conto che al momento di emanazione dei due summenzionati atti era già abbondantemente scaduto il termine di trenta giorni entro il quale è consentito l'esercizio del potere di autotutela, previsto dall'art. 19, comma 6 bis, della legge n. 241 del 1990- come l'Amministrazione intimata abbia male esercitato i propri poteri, avendo essa adottato un provvedimento sanzionatorio senza preventivamente rimuovere il titolo che aveva assentito la realizzazione delle opere (le dichiarate carenze ed irregolarità progettuali, se effettivamente sussistenti, avrebbero infatti tutt'al più autorizzato, per le ragioni sopra illustrate, l'esercizio del potere di autotutela).

Nei propri atti difensivi il Comune cerca di dimostrare che, in realtà, oltre alle irregolarità progettuali cui fa riferimento il provvedimento impugnato, vi sarebbe anche contrasto fra opere realizzate e SCIA.

Sul punto però il Collegio non può far altro che richiamare la copiosa giurisprudenza formatasi in materia di integrazione motivazionale, in corso di giudizio, del provvedimento impugnato. In base a questa giurisprudenza, nel processo amministrativo, l'integrazione motivazionale, nei limiti in cui può dirsi consentita, deve essere effettuata con successivo provvedimento emesso dal competente organo di amministrazione attiva, essendo del tutto irrituale, e quindi non utilizzabile, l'integrazione effettuata con mere argomentazioni difensive (cfr. fra le tante T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 24 luglio 2014, n. 1952).

Le argomentazioni svolte dalla difesa dall'Amministrazione resistente non possono dunque aver rilievo in questa sede.

Per queste ragioni va ribadita la fondatezza del motivo in esame.

Il ricorso deve essere pertanto accolto.

Ritiene il Collegio che, considerata la particolarità delle vicenda fattuale, possa essere disposta la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate, fermo l'onere di cui all'art. 13, comma 6 bis, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Lorenzo Stevanato, Presidente

Giovanni Zucchini, Consigliere

Stefano Celeste Cozzi, Primo Referendario, Estensore

 		
 		
L'ESTENSORE		IL PRESIDENTE
 		
 		
 		
 		
 		

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/10/2014

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO
Avv. Antonino Sugamele

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