Confermato dalla Suprema Corte l'abuso di ufficio al dipendente comunale che rilascia il permesso di costruire in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico.-
Corte di Cassazione Sez. Terza Pen - Sent. del 25.11.2011, n. 43669
Svolgimento del processo
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di M. G. in ordine al reato di cui agli art. 81 cpv. e 323 c.p., a lui ascritto perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, abusando intenzionalmente della qualità di responsabile dell'Ufficio Tecnico del Comune di R. al fine di procurare un ingiusto vantaggio a B. N., rilasciava al predetto, in violazione delle norme del P.R.G. attuato dal Comune di R. un permesso di costruire in zona agricola e sottoposta a vincolo paesaggistico/ambientale, nonché per le stesse finalità, in violazione dell'art. 146 del D. Lgs. 42/2004, rilasciava il nulla osta paesaggistico/ambientale senza che tale documento fosse stato sottoposto al parere della Sovrintendenza BBAA di Cosenza.
La contestazione si riferisce al rilascio di un permesso di costruire in favore del B. per la realizzazione di un impianto di trasformazione di inerti; fatto per il quale lo stesso B. e tale R. G. erano stili condannati in primo grado, mentre i reati loro ascritti sono stati dichiarati estinti per prescrizione dalla sentenza di appello.
La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali la difesa del M. aveva
dedotto che l'affermazione di colpevolezza era stata erroneamente fondata sul presupposto che il permesso di costruire fosse stato rilasciato lo stesso giorno del sopralluogo, in data 17.2.2005, mentre in effetti la data del rilascio era quella del 4.2.2005; dedotto inoltre che l'imputato non era il responsabile dell'Ufficio Tecnico del Comune, ma solo il responsabile del procedimento; che, pertanto, allo stesso non poteva essere attribuita alcuna condotta omissiva idonea ad integrare il reato di abuso di ufficio.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, che la denuncia per vizi di motivazione.
Motivi della decisione
Con un unico, articolato, mezzo di annullamento il ricorrente denuncia manifesta illogicità della motivazione della sentenza.
In primo luogo viene reiterata la censura per travisamento del fatto con riferimento alla diversa data di rilascio del permesso di costruire, antecedente a quella del sopraluogo, deducendosi che su tale errore i giudici di merito hanno fondato la valutazione in ordine all'esistenza del dolo specifico richiesto per la configurabilità del reato.
Si osserva, poi, che responsabile dell'Ufficio Tecnico del Comune di R. era il geom. F. S., il quale aveva rilasciato sia il permesso di costruire che l'autorizzazione paesistica, mentre il M. era solo responsabile del procedimento.
Da tale rilievo si inferisce che l'imputato è stato chiamato a rispondere del reato di cui all'art. 323 c.p. a titolo di condotta omissiva ai sensi dell'art. 40, comma 2. c.p.
S contesta, quindi, la configurabilità del reato a titolo di omissione, osservando che l'operatività dell'art. 40, comma 2, c.p. impone che la condotta non sia tipizzata nelle modalità del suo svolgimento, che si manifesti, cioè, come fattispecie causalmente orientata, verificandosi altrimenti un'estensione analogica della norma. Si osserva che l'art. 40, comma 2, c.p. è applicabile ai soli reati causali puri per la tutela penale dei beni giuridici di più elevato rango, quali la vita e l'incolumità fisica, individuale e pubblica. Si aggiunge che la responsabilità per condotta omissiva è esclusivamente configurabile in relazione ad una posizione di garanzia facente capo al soggetto che omette di impedire la verificazione dell'evento; posizione di garanzia che non sembra sussistere nel caso di specie, in quanto la stessa presuppone l'esistenza di un rapporto di immediata rispondenza tra l'evento lesivo, che la violazione dell'obbligo impeditivo mirava a prevenire, e detto obbligo. Nel caso dell'art. 323 c.p. la violazione riguarda un obbligo di natura squisitamente procedurale avente ad oggetto la tutela dell'ambiente, obbligo che non ha come diretta conseguenza la produzione di alcun evento. Nel prosieguo sulla base di analoghe argomentazioni si contesta che la responsabilità del M. con riferimento all' imputazione di abuso di ufficio possa essere ricondotta ad un'ipotesi di reato omissivo improprio.
Il ricorso non è fondato.
L'art. 323 c.p. non prevede, ai fini della configurabilità della fattispecie criminosa, la commissione di specifici atti ovvero l'emissione di provvedimenti da parte del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, ma solo che la condotta di questi sia posta in essere nello svolgimento delle funzioni o servizio di cui è investito e procuri intenzionalmente a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrechi ad altri un ingiusto danno, in violazione di norme di legge o di regolamento.
E' del tutto irrilevante, pertanto, che la condotta abbia riguardato solo atti interni al procedimento che si sia concluso con il provvedimento definitivo emesso da altri.
E' stato, infatti, precisato da questa Corte in ordine a tale reato che “In tema di delitti contro Ia PA., la nozione di “atto di ufficio” comprende una vasta gamma di comportamenti umani, effettivamente o potenzialmente riconducibili all'incarico del pubblico ufficiale, e quindi non solo il compimento di atti di amministrazione attiva, la formulazione di richieste o di proposte, l'emissione di pareri, ma anche la tenuta di una condotta meramente materiale o il compimento di atti di diritto privato” (sez. VI, 26.9.2006 n. 38698, M. e altro, RV 234991).
La condotta ascritta all'imputato, pertanto, è esclusivamente di natura commissiva all'interno del procedimento che si è concluso con il rilascio del permesso di costruire e del nulla osta paesaggistico illegittimi, con la conseguenza che le deduzioni del ricorrente in punto di responsabilità ex art. 40, comma secondo, c.p. sono del tutto inconferenti.
Nessuna incidenza, inoltre, ai fini della affermazione di colpevolezza dell'imputato, risulta avere avuto il denunciato errore materiale in ordine alla data di rilascio del permesso di costruire, in quanto la sentenza di appello ha fondato l'accertamento della consapevolezza dell'imputato circa la illiceità della propria condotta su un diverso elemento di valutazione (consapevolezza del vincolo ambientale esistente e della necessità di acquisire il parere della Soprintendenza ai BB.AA. della Calabria, che, in violazione di legge, non è stato chiesto).
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Depositata in Cancelleria il 25.11.2011
01-12-2011 00:00
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