Abuso edilizio, definizione giuridica di lama, vincolo di inedificabilità assoluta, sussistenza TAR Puglia-Bari, sez. III, sentenza 11.06.2010 n° 2423
T.A.R.
Puglia - Bari
Sezione III
Sentenza 11 giugno 2010, n. 2423
Svolgimento del processo
Con il ricorso in esame il C.F., proprietario del fabbricato abusivo sito in BariCeglie del Campo alla Via Strada Vicinale CeglieModugno civ. NC, impugna il provvedimento di cui in epigrafe e ne chiede l'annullamento.
Il ricorrente espone di aver realizzato il predetto immobile (complessivi mq 161,70) nel 1994 e di aver chiesto, con istanza del 27.2.95 e 2.3.95, il rilascio di concessione edilizia in sanatoria ai sensi della L. n. 724/94.
Con nota del 3.11.05, la Ripartizione e Qualità Edilizia e Trasformazione del Territorio Settore Concessioni Edilizie e Condono ha comunicato al ricorrente l'avvio dell'istruttoria in esito alla quale, con l'impugnato provvedimento, è stata respinta l'istanza di che trattasi, per essere l'area interessata dall'abuso edilizio gravata dai vincoli paesaggistico e idrogeologico in quanto ricompresa nell'alveo della Lama Picone.
Il ricorrente deduce i seguenti motivi di censura:
1. eccesso di potere della P.A. nelle sue scelte discrezionali, sub specie di contraddittorietà tra provvedimenti;
2. insufficiente, carente ed oscura motivazione;
3. violazione e falsa applicazione di legge: art. 33 L. n. 47/85;
4. carenza di istruttoria e violazione della trasparenza motivatoria quale espediente per la sottrazione ai vincoli efficientistici previsti dalla L. n. 241/0.
Si è costituito in giudizio il Comune di Bari, contestando le avverse deduzioni e chiedendo la reiezione del ricorso.
Con ordinanza di questo Tribunale n. 689/2006 del 21.9.06, è stata respinta l'istanza cautelare proposta dal ricorrente.
All'udienza del 13 maggio 2010 il ricorso è stato introitato per la decisione.
Motivi della decisione
Rileva il Collegio che il ricorso in esame è manifestamente infondato.
E' anzitutto infondato il primo motivo di censura con cui il ricorrente deduce eccesso di potere sotto vari profili e, in particolare, per contraddittorietà e per insufficiente motivazione.
Assume il ricorrente che sull'istanza di condono dallo stesso presentata in data 27.2.95 in relazione alla realizzazione di un fabbricato abusivo di mq 161,70, realizzato nel 1994, nonostante il versamento dell'oblazione per L. 5.127.030, il Comune non avrebbe adottato determinazione alcuna, con conseguente accoglimento tacito dell'istanza medesima per decorso dei 24 mesi ex art. 35 co. 18.
Sotto tale profilo il ricorrente deduce appunto contraddittorietà rispetto all'impugnato provvedimento di diniego.
Rileva in proposito il Collegio che, a prescindere da ogni altra considerazione, nel caso di specie non trova applicazione il silenzio assenso sull'istanza di condono per il decorso di 24 mesi dalla presentazione dell'istanza e previo pagamento del dovuto; e ciò in relazione al vincolo di assoluta inedificabilità prevista dall'art. 51 L. R. P. n. 56/80, che vieta espressamente qualsiasi opera di edificazione all'interno della fascia di 200 metri dalla battigia delle coste dei laghi, dei fiumi, delle gravine e delle lame.
Non ricorre pertanto il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà rispetto a un provvedimento di assenso tacito, viceversa insussistente.
Risulta altresì infondato il secondo motivo di censura, con cui si deduce difetto di motivazione, considerato peraltro dal ricorrente come profilo sintomatico di manifesta ingiustizia.
Ed invero, l'impugnato provvedimento risulta supportato da sufficiente e adeguata motivazione, nonché da accurata attività istruttoria, essendo chiaramente indicato il vincolo di inedificabilità assoluta rinveniente dall'insistere il fabbricato abusivo nell'alveo della lama Picone, nonché il riferimento normativo, rappresentato sia dagli artt. 32 e 33 L. n. 47/85 e succ. mod., sia dall'art. 3.08.4/4.1 delle N.T.A. annesse al P.U.T.T./Paesaggio e dall'art. 7 delle N.T.A. annesse al P.A.I.
Tanto ciò è vero che il ricorrente ha avuto possibilità di ampiamente argomentare in sede di ricorso giurisdizionale, per censurare le ragioni che hanno supportato il diniego.
Peraltro nell'impugnato provvedimento, risultano in particolare richiamati l'attività istruttoria sulla verifica di compatibilità effettuata in data 26.10.05, nonché il parere relativamente espresso.
L'impugnato diniego è stato altresì preceduto dalla comunicazione al ricorrente, giusta nota 264244 del 3.11.2005 con invito a presentare specifiche osservazioni e documenti ai fini della definitiva valutazione, con pieno rispetto del contraddittorio ex art. 10 bis L. n. 241/90.
Il ricorrente deduce altresì violazione dell'art. 33 L. n. 47/85, atteso che detta norma esclude la sanatoria "quando (le opere di cui all'art. 31) siano in contrasto con i seguenti vincoli, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima dell'esecuzione delle opere stesse...".
Afferma il ricorrente che nel caso di specie l'abuso sarebbe stato realizzato nel 1994, mentre il vincolo sarebbe sorto solo a decorrere dell'anno 2000 in conseguenza dell'entrata in vigore del P.U.T.T./Paesaggio e dall'anno 2004 in conseguenza dell'entrata in vigore del P.A.I. (area qualificata ad alta probabilità di inondazione e a rischio molto elevato), con conseguente illegittimità del diniego.
Rileva in proposito il Collegio che l'impugnato diniego di condono si supporta all'art. 33 lett.a della L. 47/85 e all'art. 31 della medesima legge, restando esclusa la possibilità di condono in presenza di vincoli di inedificabilità che siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse.
Ed invero, contrariamente agli assunti del ricorrente, il vincolo di inedificabilità assoluta di che trattasi, trova il suo fondamento normativo e la sua genesi anzitutto nella L. 431/85, che - all'art. 1 quinquies - prevede l'assoluto divieto di ogni modificazione dell'assetto del territorio e di realizzazione di qualsiasi opera edilizia sulle aree e i beni di cui all'art. 2 del d.m. 21/9/84, fino all'adozione da parte delle regioni dei piani di cui all'art. 1 bis.
Ciò a prescindere dal fatto che anche l'art. 51 della L.R. 56/80 prevedeva il divieto di edificazione nella fascia di 200 m. dalla battigia delle coste dei laghi, dei fiumi, delle gravine fino all'entrata in vigore dei piani territoriali e che le lame sono state espressamente oggetto di tutela nella Regione Puglia fin dall'entrata in vigore del d.m. 1/8/85 (dichiarazione di notevole interesse pubblico del territorio delle lame ad ovest e a sud est di Bari) e - successivamente - con la L.R. 11/5/90 n. 30.
Occorre infatti premettere che il termine "lama o gravina", anche ai sensi dell'art. 1 co. 1 lett. c della L.R. 30/90, indica l'alveo torrentizio interessato dal deflusso di acque meteoriche.
In geologia, rimarcandosi la tipicità del fenomeno carsico, si definisce "lama" l'alveo torrentizio poco profondo e quasi sempre asciutto, mentre si definisce gravina il solco torrentizio con carattere di gola (in letteratura scientifica vedasi per tutti: Fulvio e Titti ZezzaIl carsismo in Pugliaed. Adda- 1999); altri distinguono la lama dalla gravina in relazione al profilo della sezione, rispettivamente ad U e a V.
Poiché dunque il termine lama e il termine gravina costituiscono species nell'ambito del genus torrenti, risulta evidente la sottoposizione delle stesse al vincolo paesaggistico già previsto dall'art. 82 co. 5 lett. c del D.P.R. 616/77 richiamata dall'art. 1 del D.L. 312/85, convertito con legge 431/85.
Ciò premesso appare evidente che tali peculiari configurazioni geologiche, caratteristiche del territorio pugliese, risultano tutelate con vincolo di inedificabilità dall'art. 51 lett. h della L.R. 56/80, tutela successivamente ribadita con la L.R. 30/90.
Peraltro l'efficacia temporale dei vincoli in questione fino all'approvazione del P.U.T.T. è stata più volte prorogata, come ad esempio dall'art. 12 della L.R. 17/99 e fino al 31/12/99 e, quindi, dall'art. 43 L.R. 9/2000 e sino al 31/12/2000.
Va peraltro rilevata la immediata precettività del vincolo, rimovibile solo nell'esercizio dei poteri di cui all'art. 7 della L. 1497/39, proprio a garanzia della effettività della tutela.
La tutela di cui all'art. L.R. 30/90 si ispira al modello di cui all'art. 82 del D.P.R. 616/77 e di cui alla Legge Galasso, prevedendo vincoli per ampi e generali categorie di beni; poiché logicamente nel più è ricompresso il meno va escluso che la successiva specificazione delle lame o gravine operata da leggi successive possa far ritenere caducata l'originaria tutela prevista in via generale.
Conclusivamente, ritiene dunque il Collegio che il vincolo di inedificabilità a tutela delle lame trovi supporto normativo fin dal 1980 nel territorio della Regione Puglia e senza soluzione alcuna di continuità.
Poiché il fabbricato abusivo di che trattasi è stato realizzato nel 1994, il motivo risulta del tutto infondato.
Senza peraltro considerare che in tema di condono degli abusi edilizi deve essere applicata la disciplina vigente al tempo di adozione del provvedimento sull'istanza di condono.
Il ricorso va dunque respinto.
Le spese di giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 4.000,00 per spese, diritti e onorari, oltre accessori di legge, seguono la soccombenza e vanno dunque poste a carico del ricorrente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sez. III di Bari respinge il ricorso n. 1028/2006, proposto dal C.F..
Condanna il ricorrente al rimborso, in favore del Comune di Bari, delle spese di giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 4.000,00 per spese, diritti e onorari, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 13 maggio 2010 con l'intervento dei Signori:
Pietro Morea, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario
19-08-2011 00:00
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