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Sentenza

Trapani: in una zona di pre-riserva era stata realizzata una piscina, camminamen...
Trapani: in una zona di pre-riserva era stata realizzata una piscina, camminamenti in cemento e pietra, una struttura in legno ed un serbatoio interrato senza il preventivo assenso amministrativo. Il Tar aveva dato ragione alla usufruttuaria. Ma su appello dell'Ente Gestore della Riserva Naturale Orientata "Saline di Trapani e Paceco" la sentenza è stata ribaltata.
Cons. giust. amm. Sicilia, Sent., (ud. 24/05/2022) 11-08-2022, n. 921
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale n. 400 del 2019, proposto dall'Associazione I.W. (W.I.) onlus, nella qualità di Ente Gestore della Riserva Naturale Orientata (RNO) "Saline di Trapani e Paceco", in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonella Bonanno e Nicola Giudice, con rispettivi domicili digitale come da pec da Registri di Giustizia;

contro

- i sigg. -OMISSIS-, nella qualità di esercente la potestà genitoriale e legale rappresentante della minore -OMISSIS- e -OMISSIS-, non costituiti in giudizio;

nei confronti

- il Comune di Paceco, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Matteo Gandolfo, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia; - la Regione Siciliana - Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, in persona dell'Assessore pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Palermo, via Villareale 6;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. 69 del 14 gennaio 2019

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Siciliana - Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente e del Comune di Paceco;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 24 maggio 2022, svoltasi da remoto ai sensi del combinato disposto di cui al comma 4-bis dell'art. 87 c.p.a. e all'art. 13-quater disp. att. c.p.a., il consigliere Giovanni Ardizzone e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Con ricorso al T.a.r. per la Sicilia, iscritto al n. r.g. 2458/2017, gli odierni appellati chiedevano l'annullamento dei seguenti provvedimenti:

- Det. n. 78 del 12 luglio 2017 con la quale il Comune di Paceco respingeva la richiesta di accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. n. 380 del 2001, presentata per la regolarizzazione di alcuni interventi edilizi eseguiti dai sigg. -OMISSIS- in una costruzione ad essi appartenente sita nella -OMISSIS-;

- diniego di nulla osta n. 47 del 1 aprile 2016, adottato dal W.I. quale Ente gestore della Riserva Naturale Orientata "Saline di Trapani e Paceco" in relazione alla richiesta di regolarizzazione dei predetti interventi edilizi;

- decreto dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente n. 257/44 dell'11 maggio 1995 di istituzione della R. "Saline di Trapani e Paceco", con contestuale approvazione del Regolamento di gestione della Riserva.

Con ricorso per motivi aggiunti gli odierni appellati chiedevano, altresì, l'annullamento:

- della Det. n. 102 del 16 ottobre 2017, con la quale il Comune di Paceco disponeva la consequenziale rimozione delle medesime opere abusivamente eseguite nella costruzione di proprietà degli stessi, per le quali esso Comune aveva respinto (con provvedimento prot. n. (...) del 12 luglio 2017) la domanda di accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. n. 380 del 2001.

Nel giudizio di primo grado resistevano tutte le parti intimate.

1.1. La sig.ra -OMISSIS- premetteva di essere usufruttuaria del terreno indicato in catasto al foglio n. (...) particelle nn. (...) e (...), sul quale insisteva una costruzione censita al foglio n. (...) particelle nn. (...) sub 2 e n. (...) sub (...) e che titolare della nuda proprietà del terreno era la figlia-OMISSIS-;

- tale terreno ricadeva all'interno della zona "B" pre - riserva della RNO Saline di Trapani e Paceco, la quale era stata istituita con decreto dell'Assessore regionale del territorio e dell'ambiente n. 257/44 dell'11 maggio 1995, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 4 del 20 gennaio 1996;

- al suo interno le ricorrenti avevano eseguito senza preventivo assenso amministrativo alcuni interventi consistenti nella realizzazione delle seguenti opere: a) una piscina di m 11,40 per m 6,50; b) camminamenti in cemento e pietra naturale; c) muretti, parte in pietra e parte in tufo; d) una struttura in legno senza copertura, poggiata su un lato al muro di recinzione del terreno al cui interno è stata eseguita una cucina in muratura; e) un serbatoio interrato per accumulo di acqua;

- il Comune di Paceco aveva ordinato la demolizione di tali opere con l'ordinanza n. 1 del 24 gennaio 2015, che era stata impugnata innanzi al T.a.r. per la Sicilia con il ricorso r.g. n. 1379 del 2015, il quale era stato dichiarato irricevibile con la sentenza n. 1239 del 2015;

- in data 9 aprile 2015, avevano presentato istanza di accertamento di conformità, ex art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, al Comune di Paceco;

- in data 26 febbraio 2016 avevano reiterato istanza di nulla osta al W., quale ente gestore della riserva naturale orientata saline di Trapani e Paceco;

- il W. aveva negato il rilascio del nulla osta con provvedimento prot. n. (...) del 1 aprile 2016, sulla base del quale il Comune di Paceco, con Provv. n. 78 del 12 luglio 2017, aveva rigettato l'istanza di accertamento in conformità.

1.2. I ricorrenti, quindi, affidavano il ricorso a plurimi motivi:

i. "violazione dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990; difetto di motivazione e istruttoria; eccesso di potere sotto i profili del difetto dei presupposti e dello sviamento", atteso chenon sarebbero state indicate le ragioni per le quali gli interventi erano stati considerati non sanabili, in quanto il W. si era limitato a considerazioni sulla consapevolezza dell'abuso e il Comune aveva recepito acriticamente tale parere negativo.

Sussisterebbe, inoltre, contraddittorietà rispetto all'assenso espresso nei confronti della piscina realizzata nella struttura ricettiva denominata "H.R.A.S." ubicata a circa 400 metri e parimenti ricadente in zona "B" di pre-riserva;

ii. "violazione e falsa applicazione del regolamento per la gestione della riserva", atteso chegli artt. 3, (...), lettere a) ed n) e 13 del regolamento per la gestione della riserva non precluderebbero la sanatoria degli abusi;

iii. "violazione e falsa applicazione dell'art. 5 del D.P.R. n. 357 del 1997 in relazione all'art. 3 del decreto assessoriale del 30 marzo 2007", atteso che non sarebbe stata necessaria (come ritenuto dal W.) l'acquisizione della valutazione d'incidenza ambientale in quanto il terreno ricadeva al di fuori dalle aree ZPS e SIC e, comunque, gli interventi non comportavano una rilevante trasformazione del paesaggio;

iii. "violazione dell'art. 22 della L. n. 394 del 1991 in relazione agli artt. 6, comma 1, e 28, commi 1 e 2 della L.R. n. 98 del 1981; eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti", atteso che

il decreto n. 257/44 dell'11 maggio 1995 di istituzione della riserva naturale orientata delle saline di Trapani e Paceco sarebbe illegittimo, in quanto adottato senza il coinvolgimento degli enti locali.

2. Resistevano in giudizio tutte le parti intimate.

3. Il T.a.r., con l'ordinanza n. 1505 del 21 dicembre 2017, accoglieva l'istanza cautelare e disponeva l'acquisizione di documentati chiarimenti in ordine alla circostanza che "non è stato nemmeno ottenuto l'assenso della locale Soprintendenza BB.CC.AA.".

4. Con l'epigrafata sentenza n. 69/2019 il T.a.r. ha accolto il ricorso, annullando i provvedimenti impugnati, con condanna alle spese, liquidate in € 2.000,00, oltre accessori - "poste a carico del solo W. che ha adottato il parere negativo".

Il Giudice di prime cure, preliminarmente, ha rigettato l'eccezione di irricevibilità proposta dal W. per tardività della notifica del ricorso rispetto al parere prot. n. (...) del 1 aprile 2016, qualificandolo come "un atto endoprocedimentale non autonomamente lesivo". Ha respinto, altresì, l'eccezione di inammissibilità dell'impugnazione dell'ordinanza di demolizione n. 102 del 16 ottobre 2017 impugnata con i motivi aggiunti sollevata dal Comune, il quale sosteneva che sarebbe meramente confermativa di quella precedente n. 1 del 24 gennaio 2015.

Nel merito ha accolto il primo motivo del ricorso sotto il profilo della carenza di istruttoria e di motivazione ritenendo che l'ente gestore della riserva non avesse adeguatamente indicato le ragioni per le quali gli interventi abusivi non fossero sanabili e il Comune avrebbe recepito acriticamente tale parere negativo sebbene non vincolante.

Il T.a.r. ha ritenuto fondato anche il secondo motivo con cui i ricorrenti avevano dedotto che gli artt. 3, 4, lettere a) ed n) e 13 del regolamento per la gestione della riserva non precludessero la sanatoria degli abusi in questione. Secondo il Giudice di prime cure le richiamate disposizioni regolamentari precludevano la realizzazione, in zona pre-riserva, di nuove costruzioni non finalizzate alla fruizione e gestione della riserva, ma consentivano, in linea teorica, interventi del tipo di quelli in questione: camminamenti in pietra; muretti di recinzione in pietra e tufo; piccola piscina; struttura precaria in legno con cucina rustica all'aperto. È stato ritenuto fondato anche il terzo motivo con cui i ricorrenti avevano sostenuto "che non sarebbe stata necessaria (come ritenuto dal W.) l'acquisizione della valutazione d'incidenza ambientale, in quanto l'immobile in questione è ubicato in zona preriserva e ricade fuori dalle aree ZPS e SIC".

Il T.a.r. ha ritenuto, invece, infondato l'ultimo motivo con il quale i ricorrenti avevano lamentato l'illegittimità del decreto n. 257/44 dell'11 maggio 1995 con cui era stata istituita la riserva naturale orientata delle saline di Trapani e Paceco, in quanto sarebbe stato adottato senza il coinvolgimento degli enti locali interessati.

Il Giudice di prime cure, infine, ha accolto il ricorso per motivi aggiunti proposto per l'annullamento del provvedimento con il quale il Comune di Paceco aveva ordinato la rimozione delle opere abusive in questione poiché sarebbe venuto meno l'atto presupposto (diniego di sanatoria edilizia).

Il T.a.r., conclusivamente, ha ritenuto che il ricorso, come integrato dai motivi aggiunti, fosse da accogliere "con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati e necessità di riedizione del potere con la precisazione che la concessione in sanatoria non potrà essere adottata prima del rilascio del nulla osta da parte della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Trapani, che ha attualmente sospeso il procedimento in attesa del parere dell'ente gestore della riserva".

5. Il W., con l'odierno gravame, in primo luogo, per l'effetto devolutivo dell'appello, richiama integralmente le argomentazioni difensive articolate nel corso del giudizio di primo grado. Articola, quindi, specifiche censure ai capi di sentenza nelle parti in cui il T.a.r. ha ritenuto:

- infondata l'eccezione di irricevibilità dedotta in primo grado in quanto non era stato impugnato tempestivamente il parere dell'Ente gestore;

- sussistente la (asserita) violazione dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990, dedotta dai ricorrenti in primo grado sotto il profilo della (asserita) carenza di motivazione, assumendo che la motivazione a sostegno del diniego di nulla-osta (espresso dal W. in entrambi i pareri negativi) sarebbe "inadeguata";

- che il Regolamento della R.S.D.T. e Paceco ammettesse "in linea teorica" interventi edilizi quali quelli realizzati dai sigg. -OMISSIS-;

- fondato l'assunto delle controparti secondo cui non sarebbe necessaria la preventiva acquisizione della VINCA per le opere edilizie abusive di che trattasi;

- di porre le spese processuali esclusivamente a carico del W. odierno appellante "che ha adottato il parere negativo"; ciò con evidente finalità "punitiva-sanzionatoria" del tutto spropositata ed illegittima.

6. La Regione Siciliana- Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente si è costituito con memoria di mera forma depositata il 2 maggio 2019.

7. Il Comune di Paceco si è costituito con atto depositato il 28 febbraio 2020 per aderire all'appello notificato dal W..

8. L'appellante, con dichiarazione del 23 settembre 2021, ha manifestato la persistenza dell'interesse alla decisione.

9. In prossimità dell'udienza di discussione, ai sensi dell'art. 73 del c.p.a., il Comune di Paceco ha depositato una memoria con la quale precisa che l'area de qua è assoggettata ai seguenti vincoli:

- tutela ai sensi del D.Lgs. n. 490 del 20 ottobre 1999 e D.Lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio;

- ricade nella Riserva Naturale Orientata delle Saline di Trapani e Paceco, zona "B", di pre-riserva, istituita con decreto ARTA n. 257/44 del 11 maggio 1995.

Osserva che, in ogni caso, gli interventi edilizi posti in essere in zona agricola ed in assenza di permesso di costruire, violano le vigenti norme urbanistico-edilizie, anche ai sensi degli art. 27 e 31 del D.P.R. n. 380 del 2001. Evidenzia, ancora, che "la piscina dei ricorrenti, di circa 75 mq., è un manufatto che, sebbene interrato, risulta costituito da opere in cemento, rivestimenti ed impianti, atti a modificare in modo durevole l'assetto del territorio, con un sicuro impatto edilizio ed urbanistico, tanto da rientrare nella nozione di nuova costruzione, vietata anche dal predetto regolamento della R.N.O al titolo II, art. 3, norme per la zona "B", quando afferma che: "nell'area di protezione della riserva (preriserva) le nuove costruzioni devono avere esclusiva destinazione d'uso alla fruizione ed all'attività di gestione della riserva". Quindi, il provvedimento di diniego è stato emesso in seguito ad abusi edilizi commessi in una zona fortemente vincolata e sottoposta ai preventivi pareri e N.O. dell'Ente gestore della Riserva, il W., nonché della Soprintendenza BB.CC.AA.".

9.1. Parimenti l'appellante W., in data 20 aprile 2022, ha depositato una memoria per confermare le argomentazioni difensive già svolte con il gravame.

10. All'udienza di discussione del 24 maggio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

11. Le censure alla sentenza sono fondate e, pertanto, l'appello merita di essere accolto.

12. Il Collegio, preliminarmente, osserva che è stata prestata acquiescenza al capo di sentenza che ha respinto l'eccezione di inammissibilità dell'impugnazione dell'ordinanza di demolizione n. 102 del 16 ottobre 2017, impugnata con i motivi aggiunti, sollevata dal Comune il quale sosteneva che sarebbe meramente confermativa di quella precedente n. 1 del 24 gennaio 2015.

12.1. Parimenti, sempre in via preliminare, rileva che esulano dallo scrutinio del Giudice di appello i motivi di doglianza introdotti con il ricorso originario che il T.a.r. ha dichiarato assorbiti, in quanto la parte vittoriosa, odierna appellata, non si è costituita nel presente giudizio. È pacifico, infatti, che "qualora vada accolto l'appello dell'Amministrazione o del controinteressato soccombente e risulti che l'appellato vittorioso in primo grado, pur costituitosi nella fase del gravame, non abbia "riproposto" le originarie censure non esaminate dal TAR, non possa pronunciarsi sulle medesime censure, poiché esse "si intendono rinunciate", come previsto per il processo civile dall'art. 346 c.p.c. A maggior ragione, tale preclusione sussiste quando l'appellato vittorioso (come nella specie) non si è costituito nel giudizio di appello" (Cons. di Stato, Ad. Plen., n. 1/1999). Nel caso di specie, non risulta richiamata nel presente grado di giudizio, la doglianza inerente la presunta contraddittorietà del diniego di nulla osta da parte del W. rispetto all'assenso espresso nei confronti della piscina realizzata nella struttura ricettiva "H.R.A.S.", ubicato a circa 400 metri e parimenti ricadente in zona "B" di pre-riserva, che il Giudice di primo grado ha ritenuto di non esaminare per ragioni di economia processuale.

13. Fatte queste premesse il Collegio ritiene fondate tutte le censure articolate con il gravame proposto dal W..

13.1. Passando all'esame di motivi di gravame, il Collegio osserva che appare fondata la censura alla statuizione del Giudice di prime cure che ha respinto l'eccezione di irricevibilità dedotta dal W., poiché i ricorrenti avevano omesso di impugnare tempestivamente il parere dell'Ente gestore della riserva n. (...) prot. del 1 aprile 2016.

L'appellante ritiene che il T.a.r. avrebbe errato nel ritenere che il parere del Ente gestore fosse un atto "endoprocedimentale non autonomamente lesivo", il quale sarebbe "stato tempestivamente impugnato con il provvedimento conclusivo del procedimento". Il W. osserva, in particolare, che se è vero che il parere in parola è obbligatorio ma non vincolante, non può disconoscersi che esso "fosse dotato di autonoma lesività proprio in forza delle precise ed analitiche ragioni conservazionistiche e sito specifiche dedotte dal Direttore della Riserva". Il Collegio rileva che l'impugnato provvedimento prot. (...), da un lato, "respinge la richiesta di "nulla osta postumo"", dall'altro, "reitera la richiesta di demolizione delle opere abusive e la rimozione delle essenze vegetali alloctone immesse nel terreno". Ora al di là delle condivisibili argomentazioni dedotte dall' appellante sull'autonoma portata lesiva delle valutazioni di compatibilità ambientale, le quali sono state interamente recepite e fatte proprie dall'Autorità comunale, è dirimente evidenziare che il Provv. n. 47 del 2016 contiene un contestuale ordine di demolizione delle opere abusive e di rimozione delle essenze vegetali alloctone, che i ricorrenti, odierni appellati, avrebbero dovuto impugnare nei termini, anche eventualmente al solo fine di dedurne - ma non è così - l'incompetenza dell'Ente gestore a ordinare l'attività repressiva. L'immediata lesività del Provv. n. 47 del 2016, resa evidente dall'ordine di demolizione e rimozione, postula, quindi, che esso avrebbe dovuto essere impugnato tempestivamente, per cui la dedotta eccezione di irricevibilità appare fondata.

13.2. Il Collegio rileva che, comunque, al di là della fondata eccezione in rito, anche nel merito il gravame appare fondato. Per connessione argomentativa possono essere esaminate congiuntamente le censure riguardo al difetto di motivazione del diniego di "nulla osta" (sub (...)), all'ammissione "in linea teorica" degli interventi realizzati (sub (...)) e alla mancata preventiva acquisizione della valutazione di incidenza ambientale (sub (...)).

L'appellante censura la sentenza che ha ritenuto sussistente il dedotto vizio di motivazione osservando, in particolare, che l'adozione del nulla osta da parte del Gestore della riserva, rientrando nel tipico ambito della discrezionalità tecnica - vale a dire in quello della compatibilità delle opere abusivamente realizzate con le esigenze di conservazione e protezione delle istanze naturalistiche e ambientali - sarebbe insindacabile in sede di legittimità, a meno che l'esercizio del potere discrezionale non si appalesasse manifestamente illogico.

Il Collegio rileva che il Giudice di primo grado ha ritenuto inadeguata la motivazione contenuta nel diniego di nulla osta sul presupposto che il "W. era chiamato ad esprimere un parere su abusi edilizi, rispetto ai quali non rilevava l'elemento soggettivo, ma quello oggettivo della tipologia degli interventi e delle ragioni per le quali non poteva ammettersi la sanatoria". Tale conclusione non può condividersi poiché, nella fattispecie, la motivazione di diniego risulta completa, logica e coerente. Peraltro l'opinabilità della stessa non può essere censurata da questo Giudice che non può sostituire la propria valutazione a quella dell'Ente gestore che, nel caso specie, invero, appare assunta coerentemente ai poteri attribuitigli dal regolamento: all'art. 3 è previsto che "3.1. nell'area di protezione della riserva (pre-riserva) le nuove costruzioni devono avere esclusiva destinazione d'uso alla fruizione e all'attività di gestione della riserva"; all'art. 4 sono espressamente vietate, tra l'altro, "la demolizione e ricostruzione degli immobili esistenti, la realizzazione di nuove costruzioni nonché la collocazione di strutture prefabbricate anche mobili e di roulotte".

Fatte queste premesse, per escludere il difetto di motivazione del diniego di nulla osta n. (...), è sufficiente osservare che, nel citato diniego di nulla osta, viene evidenziato "il perseverare della ditta nella violazione del regolamento, con la realizzazione anche di una piscina, oggetto di segnalazione di questo - Ente Gestore - agli enti competenti, con nota prot. (...) del 12 marzo 2014". Sul punto, correttamente, il Comune di Paceco, nella memoria del 19 aprile 2022, rileva che "la piscina dei ricorrenti, di circa 75 m² è un manufatto che, sebbene interrato, risulta costituito da opere in cemento, rivestimenti ed impianti, atti a modificare in modo durevole l'assetto e del territorio, con un sicuro impatto edilizio ed urbanistico, tanto da rientrare nella nozione di nuova costruzione". Il diniego di nulla osta appare, dunque, adeguatamente motivato con riferimento alla tipologia degli abusi sia con riferimento alla piscina, sia con riguardo alla circostanza che "nonostante la segnalazione e la richiesta di rimozione delle essenze vegetali alloctone, le stesse non sono state rimosse, né è stato ripristinato lo stato dei luoghi … e che questa violazione e la successiva, sono oggi oggetto della richiesta di "nulla osta postumo"". La decisione impugnata, dunque, non sembra che abbia esorbitato dai limiti della discrezionalità che caratterizza le scelte in questione assunte dal W., tenuto conto dell'interesse naturalistico e ambientale in ragione del quale è stata istituita la Riserva Naturale Orientata "Saline di Trapani e Paceco".

13.3. Ad avviso del Collegio il diniego di nulla osta risulta adeguatamente e sufficientemente motivato anche con riferimento alla mancata sottoposizione degli interventi alla preventiva valutazione di incidenza ambientale. Il comma 3 dell'art. 5 del D.P.R. n. 357 del 1997, infatti, prevede che " i proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare, secondo gli indirizzi espressi nell' allegato G , i principali effetti che detti interventi possono avere sul proposto sito di importanza comunitaria, sul sito di importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dei medesimi". Il tenore letterale della citata disposizione postula la correttezza della tesi sostenuta dall'appellante secondo cui non v'è dubbio che devono essere sottoposti preventivamente a Vinca tutti gli interventi che possono avere incidenza "sui" siti protetti e non soltanto quelli che ricadono "nei" siti protetti, come per le Saline di Trapani Paceco, riconosciute quale sito di importanza comunitaria facente parte della Rete Natura 2000 (ZPS e ZSC), riconosciuta, altresì, come zona umida di importanza internazionale, dichiarata con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 4 aprile 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 134 del'11 giugno 2011. Per tale ragione appare fondata la censura dell'appellante al capo di sentenza che ha statuito come "non sarebbe stata necessaria l'acquisizione della valutazione di incidenza ambientale, in quanto l'immobile in questione è ubicato in zona pre riserva e ricade in zona fuori dalle aree ZPS e SIC". La tesi della doverosità della valutazione di incidenza ambientale sul presupposto che il sito in parola appartiene alla Rete Natura 2000 (ZPS e ZSC) appare coerente con una consolidata giurisprudenza, dalla quale il Collegio non ritiene di doversi discostare, secondo cui il nulla osta ex art. 13 della L. n. 394 del 1991, "ha natura omnicomprensiva, nel senso che deve valutare tutti gli interessi contrapposti e assicurare il perseguimento di tutti gli obiettivi di tutela e conservazione sottesi all'istituzione dell'area protetta; pertanto, la sua emissione non può che essere logicamente successiva a provvedimenti involgenti interessi dell'area naturale stessa, al punto che l'Ente parco non potrebbe ragionevolmente rilasciarlo a seguito dell'esito negativo di una valutazione di incidenza. Nel medesimo senso, si osserva ulteriormente che mentre il nulla osta dell'Ente parco cura gli interessi pubblici di tutela della natura nell'ambito dell'area protetta, la valutazione di incidenza ambientale ha ad oggetto gli effetti significativi su siti di interesse comunitario, facenti parte della rete "Natura 2000" di cui alla dir. n. 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 e alla dir. 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; tale valutazione, quindi, avendo un ambito applicativo più limitato del predetto nulla osta, deve necessariamente essere resa prima che l'Ente parco si esprima sulla richiesta di nulla osta" (T.a.r per il Lazio, sez. Latina, Sez. I, 15 luglio 2021 n. 463).

13.4. Parimenti non persuade la tesi del primo Giudice secondo il quale le disposizioni regolamentari (art. 3, 4 lettere a) ed n) e 13) "precludevano la realizzazione in zona pre-riserva, di nuove costruzioni non finalizzate alla fruizione e gestione della riserva, ma consentivano, in linea teorica, interventi di tipo quelli in questione". Appare di tutta evidenza, infatti, che gli interventi edilizi ancora da realizzare, in via ordinaria, esclusi dal regolamento (nuove costruzioni), giammai potessero essere successivamente autorizzati in sanatoria, come richiesto dall'appellante, peraltro per opere di significativo impatto ambientale come la piscina. Talché è da escludere che in sanatoria, "in linea teorica", come sostenuto dal Ta.r., potessero essere ammessi gli interventi in questione. Peraltro, "l'oggetto della valutazione propria di detto nulla-osta è costituito, oltreché dall'impatto dell'opera sul contesto ambientale oggetto di tutela, da tutti gli aspetti di protezione del territorio, anche relativi alla disciplina di natura urbanistica ed edilizia recepita dal Piano del Parco e dal regolamento" (Cons. di Stato, Sez. VI, 7 novembre 2012, n. 5630). Infatti "il dato qualificante" dell'istituto del nulla osta, da richiedersi ai sensi dell'art. 13 della L. n. 394 del 1991, "è costituito dall'obbligatorietà della sua richiesta ai fini del "rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco", e quindi allorché debba verificarsi la compatibilità con la tutela dell'area naturale protetta di specifici interventi di modificazione o trasformazione che su di essa possono incidere. Tanto corrisponde alla ratio dell'istituto, che è appunto finalizzato all'accertamento da parte dell'Ente preposto dell'impatto dell'intervento richiesto sui valori naturali e paesaggistici del parco, e quindi della sua ammissibilità a fronte della prioritaria esigenza di salvaguardia e tutela di tali valori; per questo, il legislatore ha chiaramente costruito il nulla osta come atto destinato a precedere il rilascio di provvedimenti abilitativi "puntuali", ossia legittimanti un singolo e specifico intervento di trasformazione del territorio" (Cons. di Stato, Ad. Plen., 24 maggio 2016, n. 9).

14. La fondatezza delle superiori censure comporta, conseguentemente, l'accoglimento della specifica censura (sub 5) avverso la condanna alle spese, che peraltro in primo grado sarebbero state poste ingiustamente solo a carico dell'appellante, come dallo stesso dedotto.

15. In conclusione il Collegio ritiene che, per i suesposti motivi, il gravame meriti di essere accolto e che, in riforma dell'impugnata sentenza, debba essere rigettato il ricorso di primo grado, oltre che i motivi aggiunti.

16. Il Collegio ritiene che, per la peculiarità della questione trattata, sussistano sufficienti ragioni per compensare le spese del doppio grado del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e, in riforma della gravata sentenza, rigetta il ricorso di primo grado e i motivi aggiunti.

Compensa le spese del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1, 2 e 5, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera f), del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di riproduzione e diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati ivi citati.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2022, tenutasi da remoto in base alle disposizioni indicate in premessa, con l'intervento dei magistrati:

Marco Buricelli, Presidente FF

Carlo Modica de Mohac, Consigliere

Sara Raffaella Molinaro, Consigliere

Giovanni Ardizzone, Consigliere, Estensore

Antonino Caleca, Consigliere
Avv. Antonino Sugamele

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